Mirabilissimo100’s Weblog

novembre 30, 2010

IO SONO CON TE DI GUIDO CHIESA-FAMILYCINEMA&TV

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 IO SONO CON TE

 

FAMILYCINEMA&TV

   ITALIA 2010
Titolo originale: Io sono con te
Regia: Guido Chiesa
Sceneggiatura: Guido Chiesa, Nicoletta Micheli, Filippo Kalomenidis
Produzione:  Magda Film/Colorado Film/Rai Cinema
Durata: 102′
Interpreti: Nadia Khlifi, Rabeb Srairi, Mustapha Benstiti, Ahmed Hafiene, Carlo Cecchi, Giorgio Colangeli, Fabrizio Gifuni
Genere: DRamma
 
 
Nel povero villaggio di Nazareth, duemila anni fa, una giovane donna, Maria, rimasta misteriosamente incinta, cresce il figlio Gesù secondo principi di amore e seguendo la natura, in aperto contrasto con la mentalità maschilista, violenta e legalista della cultura ebraica dell’epoca. Quel bambino diventerà il profeta più rivoluzionario della storia…
 

Si apprezza la buona fede del regista che circonda la protagonista di amore e devozione ma appare stridente  l’approccio antistorico della rappresentazione di una donna un po’ sciamanica che vive il rapporto con Dio in uno spiritualismo naturalistico e personale che nulla ha della dimensione di popolo della religione ebraica.

Al film,  di cui non si può non apprezzare l’impeto sincero, non si può fare a meno di imputare  un certo difetto di esperienza che finisce per rendere elusivo un oggetto che il regista percepisce così concreto.

Recensione di Laura Cotta Ramosino        
         
Vedendo l’amore e la devozione di cui circonda, anche visivamente, la sua protagonista non si può dubitare della sincera ispirazione e alla buona fede di Guido Chiesa, cineasta e documentarista alle prese con la vicenda di una madre assolutamente speciale, Maria di Nazareth.

Da non credente Chiesa dichiara di accostarsi a questa figura storica con interesse e rispetto, cogliendo la portata straordinaria di una donna in cui per la prima volta una religione, il Cristianesimo, vede il principio della salvezza.

Questo approccio senz’altro positivo non impedisce allo spettatore di rimanere un po’ deluso di fronte ad una pellicola che, se pure offre momenti e intuizioni suggestivi, manca però del senso del sacro che ci aspetteremmo da un film dedicato a questo tema ed esaurisce l’eccezionalità dell’uomo (prima ancora che del Figlio di Dio) Gesù nelle pur straordinarie doti educative della sua genitrice.

Maria sembra, infatti, una sorta di pedagogista montessoriana ante litteram che, fidando sul suo legame con la natura, che osserva spesso e con attenzione, si mette di traverso alla cultura ebraica del tempo, maschilista, legalista e violenta.
Significativa, anche perché in aperta contraddizione con il dettato evangelico cui invece Chiesa dice di essersi sostanzialmente attenuto, è la strenua opposizione alla circoncisione (anche il parto nella grotta di Betlemme è il risultato di un piano di Maria per sottrarsi al controllo di famiglia e società nei primi giorni di vita del bambino), vista come atto di violenza primario sul bambino, destinato a segnarlo per sempre.

Salvando Gesù da questa esperienza traumatica e lasciandolo libero di dispiegare la sua natura (che non sembra tuttavia avere nulla di particolarmente divino, come riconoscono anche i magi, qui sorta di sapienti poco pratici alla ricerca di un Messia attraverso test da psicologia contemporanea), Maria pone le basi (e anche qualcosa di più) dell’uomo che sarà.

Se è apprezzabile la valorizzazione nella storia della salvezza della libertà “creativa” di Maria, capace di superare il legalismo fatto di mille divieti della religione ebraica dell’epoca in nome dell’amore per l’altro, sembra strano che in un contesto che pure si vuole storicamente ricostruito, sia assente la sottolineatura dell’attesa messianica che illuminava anche l’altrimenti sterile formalismo di un certo ebraismo e che era nel cuore di ogni donna ebrea in attesa di un figlio.

È questa un’assenza, ci perdoni il pur informato regista, molto poco storicamente attendibile, ma assai significativa in una prospettiva in cui Gesù è necessario al massimo come diffusore  maschile, al di fuori dello spazio familiare, di una sapienza totalmente femminile e un po’ sciamanica che vive il rapporto con Dio in uno spiritualismo naturalistico e personale che nulla ha della dimensione di popolo della religione ebraica. Ci si dimentica quanto, nel racconto evangelico, la vicenda esistenziale di Maria respiri della cultura e della religiosità di tutto un popolo: basti pensare alle parole del Magnificat e di come riverberino la letteratura salmistica rinnovandola alla luce dell’Avvenimento dell’Annunciazione.

Se davvero tutto l’insegnamento di Gesù si può ricondurre a questi primi attimi, giorni e anni accanto a cotanta madre non si capisce perché poi il Cristo si sia dato la pena di parlare agli uomini dell’amore paterno di Dio né di sacrificarsi sulla croce per la Redenzione dell’umanità.

Difficile arrivarci da qui anche a causa della debolezza della figura di Giuseppe, sempre un po’ passivo e in secondo piano, ora oppresso dai fratelli rigidi padri padroni, ora superato “a sinistra” dalla sua sposa poco più che bambina, mai comunque parte di un processo educativo che di fatto lo esclude.

Quella Maria che “medita nel suo cuore” il miracoloso dispiegarsi della volontà di Dio nel suo ventre prima e nel mondo poi, così come ce la racconta San Luca (l’evangelista storiografo d’ispirazione tucididea, anche qui evocato nel finale, che ebbe proprio nella Madonna la sua prima testimone oculare) si trasforma in un’adolescente sempre sorridente (anche troppo) e testarda, il cui credo di “non violenza” ha qualcosa di davvero troppo moderno e riduttivo rispetto alla figura dei vangeli e della tradizione cristiana.

E umano “troppo umano” appare questo Gesù bambino e ragazzino (non è un caso che dopo il salto temporale la macchina da presa vaghi tra i volti di bambini che tutti potrebbero essere il futuro Messia), capace di accostarsi ad un indemoniato respinto dalla società e di contestare in chiesa il rabbino e pronto a restare sconvolto dal sangue dei sacrifici del Tempio

Solamente un po’ ridicoli invece i Magi, nella versione di Chiesa un gruppo di sapenti orientali alla corte di Erode a fare esperimenti di intelligenza a metà tra il test psicologico e le prove di riconoscimento del Dalai Lama nei dintorni di Nazareth.

La loro discussione (in un greco antico che suona un po’ surreale) è l’ennesima didascalica articolazione della tesi suggestiva quanto poco ragionevole (nel senso di inadeguata a cogliere tutti i fattori in gioco) del film di Chiesa, di cui non si può non apprezzare l’impeto sincero e il rispetto per il proprio oggetto, ma a cui non si può fare a meno di imputare per lo meno un certo difetto di esperienza che finisce per rendere elusivo un oggetto che lui pure percepisce così concreto.

http://www.familycinematv.it/page.php?a=iosonoconte.php

 

  

IO SONO CON TE DI GUIDO CHIESA-RECENSIONE DI FRANCESCO MININNI

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24/11/2010 – 11:38 – IO SONO CON TE

DI FRANCESCO MININNI

Umano, troppo umano il punto di vista di Guido Chiesa nell’affrontare in «Io sono con te», la storia della maternità di Maria di Nazareth e dei primi dodici anni di vita di suo figlio Gesù. Umano al punto di trasformare il miracolo dell’unica creatura umana non sottomessa al vincolo del peccato originale e, se vi par poco, del figlio di Dio fatto uomo, nella teoria di una sorta di rivoluzione sociale legata a un progetto educativo e pedagogico del tutto controcorrente rispetto ai dettami della società dell’epoca.

Ora, ridurre il ruolo di Maria a quello di una pedagoga ribelle equivale più o meno a ridurre il ruolo di Napoleone a quello di un cognac. Se è vero, infatti, che la fonte primaria di ispirazione di Chiesa è stato il Vangelo di Luca, l’unico che lancia uno sguardo su quei primi anni trascurati dagli altri sinottici, è anche vero che per evitare, come dice il regista, «il solito presepe», sono stati programmaticamente eliminati tutti i possibili riferimenti alla divinità. Non ci sono annunciazione, immacolata concezione, stella cometa. I Re Magi diventano una cricca di ingenui che sottopongono i bambini al gioco della stella e del cerchio per capire quale sia il più precoce e che, in fondo, si stupiscono soltanto del fatto che Gesù continui a camminare in tondo sul bordo del pozzo senza cascarci dentro. Giuseppe, vedovo con figli come negli Apocrifi, è sostanzialmente un debole che accetta con qualche rimostranza le innovazioni volute da Maria ed è continuamente ripreso dal fratello Mardocheo (invenzione di Chiesa) per il mancato rispetto delle leggi dei padri.

Maria, invece, è l’immagine della forza: sempre sorridente, apparentemente piccola e sperduta, in realtà sostenuta da un’energia incrollabile, partorisce da sola e poi cresce suo figlio nell’amore ignorando le leggi ebraiche. Più o meno come la cugina Elisabetta: secondo Chiesa, infatti, né Giovanni Battista né Gesù furono circoncisi per una precisa scelta delle madri (e soprattutto di Maria, che convinse anche la cugina). È proprio questo episodio a darci la chiave di lettura del film. Cominciamo col dire che il Vangelo di Luca dice, a proposito di Giovanni, «Otto giorni dopo vennero per circoncidere il bambino…» e a proposito di Gesù «Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima che fosse concepito nel grembo».

Ricordiamo anche incidentalmente che Pier Paolo Pasolini, che non era certo un baciapile, nell’affrontare «Il Vangelo secondo Matteo» non toccò neanche una virgola del testo. E concludiamo che Guido Chiesa non ha voluto né presepe né autentica spiritualità, ma si è limitato a lanciare un chiaro messaggio politico trasformando Maria in una sorta di pasionaria capace di trasgredire regole ataviche in nome di nient’altro che della propria intima convinzione. Così, per sfuggire alle trappole dell’agiografia, Chiesa è caduto in un qualunquismo religioso che tralascia i riferimenti «verticali» e, forse, scambia Maria di Nazareth per Maria Montessori. Al di là della rappresentazione del patrimonio culturale ebraico come una sorta di barbarie da combattere, che sarebbe già di per sé storicamente discutibile, ne esce un film lineare pervaso di un’ansia sociale e politica che escludono ogni possibile coinvolgimento emozionale. Il tutto raggiunge il culmine nella scena del ritrovamento di Gesù nel tempio quando, pur di evitare lo scambio di battute tra i più chiarificatori dell’autoconsapevolezza del bambino («Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo». «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?»), Chiesa mostra l’incontro optando per una musica altisonante che copre le parole lasciandoci nel dubbio di cosa mai stia uscendo da quelle labbra che si muovono.

Peccato, perché l’apparato visivo del film è tutt’altro che trascurabile e, soprattutto, appare ispirata la scelta non diremo degli attori, ma dei volti che, come quello di Nadia Khlifi, si dimostrano capaci di parlare da soli. Ma, mai come in questo caso, quel che c’è non deve far perdere di vista quello che manca.

IO SONO CON TE
di Guido Chiesa. Con Nadia Khlifi, Ahmed Afiene, Rabeb Srairi, Mohamed Idoudi, Fabrizio Gifuni, Carlo Cecchi. ITALIA 2010; Drammatico; Colore

http://www.toscanaoggi.it/notizia_3.php?IDNotizia=13532&IDCategoria=217

CHANUKKAH 2-8 DICEMBRE 2010

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Chanukkah o Festa delle Luci ha luogo durante il mese ebraico di Kislev che cade generalmente a Dicembre.
Quest’anno la festa di Chanukkah viene celebrata dal 2 al 8 dicembre 2010
.
Il 1 dicembre, viene accesa la prima candela

(candles lighting on Dicember 1).

 
Chanukkah: alle origini della festa PDF Stampa E-mail
La storia della ricorrenza di Chanukkah è raccontata nel I e II libro dei Maccabei, apocrifo della Bibbia. (…)

chanukkiahDurante il suo regno Alessandro il Macedone, Alessandro Magno, assoggetta prima la Grecia, poi le regioni appartenenti all’impero persiano; rivolge quindi la sua attenzione ai paesi mediterranei, e siccome da sempre la Giudea è una via di primaria importanza fra oriente e occidente sia per il commercio, sia per scopi militari, Alessandro la conquista senza peraltro trovare alcuna resistenza da parte della popolazione dal momento che fino ad allora era stata sotto il dominio persiano.
Le varie provincie dell’impero fondato da Alessandro, pur sottoposte al governo centrale, godono di una notevole autonomia. Il giovane imperatore, innamorato della cultura greca, si adopera a diffonderla presso tutti i popoli sottomessi. E’ lui, infatti, a dare inizio all’epoca che viene definita ellenistica, epoca di grande rinnovamento culturale e artistico, terminata con la conquista della Grecia da parte dell’impero romano.

La tradizione ebraica afferma che Alessandro rimase profondamente colpito anche dalla cultura dei savi di Israele coi quali ebbe frequenti contatti; su questo argomento il Midrash, che sempre su basi storiche, ci fornisce interessantissime testimonianze. Tuttavia numerosi ebrei si lasciarono influenzare dalla cultura greca, dall’ellenismo, giunto all’epoca al culmine del suo splendore.
La civiltà religiosa e sociale ebraica, fondata sulla Torah e sulla letteratura profetica che insegnano monoteismo e l’uguaglianza tra tutti gli uomini, è però radicata e diversa da quella greca che erge i suoi ideali sulla forza e sulla bellezza fisica, suoi valori artistici dell’idolatria. Questa distanza culturale impedisce che l’ellenismo penetri in profondità soprattutto tra la popolazione strettamente legata e fedele agli ideali ebraici.

Alla morte di Alessandro Magno (IV sec. A. Era Cristiana) il regno si smembra e sovrani dei vari stati divengono i diadochi.
Segue un periodo molto confuso di lotte, alla fine delle quali la maggior parte dell’impero di Alessandro viene diviso fra Egitto sotto il dominio dei Lagidi, e Siria, sotto quelli dei Seleucidi.
La Giudea rimane in un primo tempo sotto l’Egitto sul trono del quale si succedono tre re lagidi uno dei quali, Tolomeo II Filadelfo, commissiona la traduzione della Bibbia in greco: fatto di grande rilievo poiché da questo momento la Bibbia che, scritto in ebraico, era praticamente inaccessibile alle culture di lingua diversa, può essere letta e studiata anche dai non ebrei.
Tale lettura esercita una notevole influenza sulle classi più culturalmente preparate e sui filosofi già alla ricerca di una concezione religiosa e sociale diversa da quella dell’epoca: ed è così che tutta la civiltà successiva darà fortemente influenzata sia dalla cultura ellenistica, sia da quella ebraica.

Segue un periodo di lotte fra Lagidi e Seleucidi che si riflettono anche in Giudea con alternarsi di momenti più o meno tranquilli, e infine la Giudea passa sotto il dominio dei Seleucidi.
Antioco III, re di Siria, non esercita un potere troppo oppressivo, ma si arroga il diritto di destituire e nominare i sommi sacerdoti ebrei. Sotto Antioco IV si verificherà una scandalosa lotta di potere tra due personalità ebraiche, che avevano ellenizzato i loro nomi in Giasone e Menelao, lotta che coinvolge moralmente e materialmente tutta la popolazione ebraica.
Molti del popolo in Giudea simpatizzavano invece coi chassidim, gli ebrei ligi alle leggi della Torah, perché ritenevano che l’eccessiva influenza dell’ellenismo sulla cultura ebraica potesse portare all’annullamento della sua identità.

Diviene re Antioco IV che si trova a governare popoli di diverse e non omogenee culture: ritiene di poter ovviare a tale difficile situazione imponendo a tutti, compresi gli ebrei, una totale ellenizzazione che significava anche l’accettazione del culto idolatra.
La cultura ellenistica era penetrata senza difficoltà fra la popolazione ebraica affascinata dall’arte, dall’amore per l’estetica, dalla filosofia greca. I giovani si erano appassionati agli esercizi ginnici e frequentavano con entusiasmo il gymnasium, le palestre.
Ma nessuno dei predecessori di Antioco IV si era intromesso nel credo ideologico ebraico, salvaguardando, almeno agli occhi degli ebrei, la loro stessa libertà civile, sostanzialmente coincidente secondo la loro cultura con la libertà religiosa.

L’obbligo di accettare il culto dei greci che sottintendeva il riconoscimento di tutto il suo pittoresco e variopinto Olimpo, non aveva suscitato alcun risentimento presso i popoli idolatri abituati sempre ad aggiungere con la massima disinvoltura ai propri anche gli dèi dei conquistatori; nella Giudea, invece, questa imposizione suscitò una reazione violentissima soprattutto fra i chassidim, i fedeli, i pii, che, come già detto, avevano sempre guardato all’ellenismo con diffidenza, e inoltre non erano mai stati favorevoli alla dinastia dei Seleucidi che si era troppo immischiata nelle questioni religiose ebraiche.
Ma il potente Antioco IV, che si fa chiamare Epifane, “Dio che si manifesta”, ma che gli ebrei chiamano Epimane, “il pazzo”, non può permettere che un piccolo popolo quale quello degli ebrei resti apertamente fedele a un’ideologia monoteista in aperto contrasto con quella di Stato e completamente diversa da quella degli altri popoli del suo impero.
Di fronte al tenace rifiuto degli ebrei di accettare l’idolatria greca, assume un atteggiamento apertamente persecutorio che mira a colpire il cuore della fede ebraica: il 25 di Kislev fa erigere un altare a Giove sul monte del Tempio, proibisce lo studio della Torah, la pratica della circoncisione, l’osservanza del Sabato e delle feste. I rotoli della Torah vengono bruciati sulle pubbliche piazze. A Gerusalemme viene compiuta una strage fra la popolazione fedele all’ebraismo e costruita una fortezza, l’Acra, presidiata da truppe siriache.
Fra gli ebrei si verificano atti di eroismo: al vecchio Eleazar viene promessa salva la vita purché compia anche solo il gesto di mangiare carne di maiale per dare una dimostrazione al popolo. Eleazar rifiuta e viene ucciso.
Anna, madre di sette figli, li esorta a rifiutare l’imposizione di Antioco di inchinarsi agli idoli, e li invita a proclamare apertamente la loro fede in Dio: i suoi figli vengono torturati e uccisi davanti ai suoi occhi, precedendo di poco la sua stessa sorte.

Ma il popolo ebraico non si arrende: il precetto della circoncisione viene effettuato segretamente, le feste celebrate nell’intimità delle case, la Torah insegnata di nascosto.
Antioco non sopporto la resistenza passiva della popolazione e invia nei vari paesi suoi funzionari a edificare altari su cui far sacrificare agli dèi animali impuri, in particolare maiali, dagli stessi ebrei. Per compiere il sacrificio vengono scelte di proposito eminenti personalità del mondo ebraico. Se rifiutano vengono uccise. Antioco spera che vedendo i loro capi profanare apertamente e pubblicamente il proprio credo, anche la popolazione si arrenda alle imposizioni siriache; se questo tentativo fallisse confida tuttavia di fiaccare la volontà del popolo di fronte al martirio dei capi.
Alcuni funzionari siri giungono a Modi’in, piccola città dove si era rifugiato Mattatià della famiglia degli Asmonei, che era stato il Kohen Gadol, il Sommo Sacerdote.
Anche lì viene edificato un altare e viene imposto a Mattatià di compiere il sacrificio.
Mattatià uccide il funzionare, poi distrugge l’altare.
E’ l’inizio della rivolta.
Mattatià e i suoi cinque figli, Jochanan, Simeone, Giuda, Gionata e Eleazaro, abbandonano Modi’in e si rifugiano sugli impervi monti della Giudea.
La notizia di questo atto di coraggio si diffonde. Una nuova speranza accende gli animi. Intorno a Mattatià e ai suoi figli si riuniscono tutti coloro che, intolleranti dell’oppressione siriaca, scelgono la strada della ribellione per mantenere la propria libertà. Sui monti della Giudea si formano centri di raccolta e rifugi in cui vivere, e organizzare azioni contro i siri.
Giuda, uno dei figli di Mattatià, prende il commando dei ribelli.
Si verifica così la prima guerra partigiana della storia: una guerriglia che non dà tregua alle truppe sire impedendo loro i movimenti tra una città e l’altra, cogliendo di sorpresa e disarmando i drappelli in transito, e mettendo in seria difficoltà tutta la bene organizzata e potente macchina bellica sira.
Gli ebrei combattono all’insegna dell’improvvisazione, ma hanno un’ottima conoscenza del territorio e dei monti, e soprattutto fede e un ideale da difendere.
Per questa tattica di continuo martellamento sul nemico Giuda merita il titolo di Maccabi, da maccab, “martello”, appellativo con cui in seguito vengono designati anche tutti i suoi fratelli conosciuti infatti come i fratelli maccabei.

La guerriglia si trasforma in una vera e propria guerra: l’entusiasmo di Giuda e dei suoi soldati ha spesso la meglio sul potente esercito nemico. Gli attacchi compiuti dagli ebrei sono preceduti da discorsi di Giuda , da preghiere e da digiuni.
Antioco manda nuovi generali e nuovi soldati in Giudea, ma si trova in una difficile situazione politica. Inoltre si sta affacciando sul Mediterraneo una nuova, pericolosa potenza: Roma, che sta combattendole guerre puniche per il predominio del Mediterraneo.
Le vittorie conseguite mettono Giuda in condizione di attaccare Gerusalemme. La fortezza sira, l’Acra, cade; il Tempio viene liberato, ma è necessario riconsacrarlo con l’accensione del Ner Tamid, un lume che non doveva mai, per nessuna ragione, essere spento in quanto testimonianza della vigile presenza e della fede del popolo in Dio.

Ma i siri avevano imperversato nel Tempio rubando e distruggendo tutto ciò che vi era contenuto, perfino l’olio consacrato necessario per riaccendere il lume: in tutto il Tempio viene ritrovata una minuscola ampollina ancora sigillata, ma il suo contenuto potrà garantire luce solo poche ore e per prepararne dell’altro occorrono per lo meno otto giorni!
Nasce una discussione fra i Sacerdoti: bisogna rinviare la consacrazione di otto giorni, o riconsacrare subito il Tempio pur sapendo che l’olio non basterà il tempo necessario a prepararne della’altro e che quindi a un certo punto si spegnerà?
La fede ha il sopravento, il lume viene acceso e il Tempio riconsacrato.
E, racconta il Midrash, accade il miracolo: il poco olio dura otto giorni, e il Ner tamid non si spegne.

libro di preghiere e chanukkiahNel trattato Shabbath della Mishnah leggiamo:
Che cosa significa Chanukkah? Quando i greci entrarono nel Tempio profanarono tutto l’olio che vi si trovava, ma quando i re della casa degli Asmonei li sopraffecero e furono vittoriosi, cercarono nel Tempio e trovarono soltanto un’ampollina d’olio con il sigillo del sommo sacerdote che conteneva olio appena sufficiente per un giorno: e accadde un miracolo e durò per otto giorni.

Fu così istituita la festa di Chanukkah, “inaugurazione” e quindi “riconsacrazione”, e i Maestri ritennero giusto che durasse otto giorni, anche in analogia con la ricorrenza di Sukkoth, la più lunga delle ricorrenze sacre stabilite della Torah (cf Lv 23).
Durante questi otto giorni in ogni casa ebraica vengono accese le luci, per perpetuare il ricordo del miracolo dell’olio e celebrare la vittoria della fede.
E’ significativo che le luci siano accese vicino alla finestra perché i passanti le vedano, gioiscano e ne traggano un monito: non solo la vita del prossimo è sacra, ma anche i suoi ideali.

Fonte: Le pietre del tempo di Clara ed Elia Kopciowski

  http://www.comunitadibologna.it/index.php?option=com_content&task=view&id=275
 
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: gli aspetti storici PDF Stampa E-mail
 
La prima versione della storia di Chanukkah può essere trovata nel primo e secondo libro dei Maccabei; questi due libri non fanno parte della Torah, appartengono alla letteratura apocrifa. Da notare che Chanukkah è l’unica festività che non ha fondamenti nella Torah.
In questi due libri, non viene menzionato né la fiala di olio né il miracolo. La festa di Chanukkah dura otto giorni con un’analogia alla festività di Sukkoth. Questo perché i Maccabei non riuscirono a festeggiare Sukkoth perché erano rifugiati nelle montagne. Un’altra ragione è che per consacrare un santuario ci vogliono sette giorni di purificazione, permettendo così una consacrazione l’ottavo giorno. E’ anche legato al fatto che la circoncisione dei bambini maschi si esegue l’ottavo giorno di vita.
Chanukkah viene anche menzionato da Josephus (storico ebreo del primo secolo dopo l’EC). Anche lì, non si parla del miracolo ma la festa viene chiamata “Luce”.
Chanukkah non è neanche menzionato nella Mishnah mentre uno si aspetterebbe di trovare scritte le regole di come si accendono le candele. Chanukkah viene finalmente menzionato nella Gemarra (Shabbat 21b) come la domanda “Che cosa è Chanukkah?” La risposta data parla allora del miracolo dell’olio.
Hannukah fu primo celebrato come ricordo della vittoria dei Maccabei sui Greci. Poi fu celebrato come ri-consacrazione del Tempio (Chanukkah vuole anche dire Consacrazione). Infine fu celebrato per il miracolo dell’olio.
Con il passare del tempo, l’importanza della vittoria dei Maccabei diminuì e per essere sicuri che Chanukkah non sarebbe stato dimenticato, l’enfasi fu messo sul suo senso spirituale e il simbolo della Menorah. Durante il Medioevo, il perché di Chanukkah rimase sul miracolo dell’olio anche se la storia della vittoria deiMaccabei fu ben conosciuta. Questa storia è infatti raccontata nella Meghillat Antiochus insistendo sul martirio degli ebrei (numerosi ebrei preferirono morire che mangiare maiale o inclinarsi davanti ad un idolo). Più avanti ed anche oggi giorno, la festa di Chanukkah è stata influenzata dalla prossimità temporale della festa di Natale ed è consuetudine dare denaro o regali.
E’ da notare che non è la vittoria di Judah Maccabeo e la riconsacrazione del Tempio che portarono indipendenza alla città di Gerusalemme. (la Giudea rimase ancora sotto dominanza siriana). Oltre questo fatto, Chanukkah vuole ricordare la vittoria del debole sul forte.

(Fonte: sintesi dal libro “The Jewish Festival” di Michael Strassfeld)

  http://www.comunitadibologna.it/index.php?option=com_content&task=view&id=359
 
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: l’ottavo giorno PDF Stampa E-mail
L’ottavo giorno di Channukah ha un significato particolare come momento culmine della festività.
Il numero 7 rappresenta la settimana, lo Shabbat, gli anni sabbatici, l’omer (7X7).
Il numero 8 che è uguale a 7 +1, è un giorno dopo che le cose furono completate. 8 è quindi oltre il tempo, è l’eternità. L’ottavo giorno è l’essenza di Chanukkah e il ricordo della Luce che è per sempre presente nel mondo.

 

(Fonte: sintesi dal libro “The Jewish Festival” di Michael Strassfeld)

 

http://www.comunitadibologna.it/index.php?option=com_content&task=view&id=363

ADDIO A MARIO MONICELLI RE DELLA COMMEDIA ITALIANA

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Mario Monicelli morto: si è suicidato, aveva 95 anni

 
30/11/2010 – 00:42
 
Mario Monicelli è morto suicida ieri: aveva 95 anni. Era gravemente malato: si è lanciato dal quinto piano dell’Ospedale San Giovanni di Roma, dove era ricoverato dal 28 novembre. Nato a Viareggio il 16 maggio 1915, Mario Monicelli, regista e sceneggiatore, è stato uno dei principali esponenti della commedia all’italiana assieme a Dino Risi e Luigi Comencini.

Il suo esordio ufficiale in regia avviene in coppia con Steno, con una serie di film che i due registi realizzano su misura per Totò. Tra essi spicca  ‘Guardie e ladri’ (1951). Monicelli è stato autore di alcuni dei più grandi capolavori del secondo dopoguerra. Ha collaborato con tutti i più importanti attori italiani, da Alberto Sordi, Totò, Aldo Fabrizi, Vittorio De Sica, Sophia Loren, Amedeo Nazzari, Marcello Mastroianni, Vittorio Gassman, Ugo Tognazzi, Adolfo Celi, a Walter Chiari, Elsa Martinelli, Anna Magnani, Nino Manfredi, Paolo Villaggio, Monica Vitti, Enrico Montesano, Gigi Proietti, Gastone Moschin, Giancarlo Giannini, Philippe Noiret, Giuliano Gemma, Stefania Sandrelli. ‘I soliti ignoti’, film del 1958, è considerato il primo vero film del filone della commedia all’italiana. E’ l’anno successivo, però, che Monicelli gira il suo capolavoro, ‘La grande guerra’. Celebri film sono anche ‘L’armata Brancaleone’ (1966) e ‘Brancaleone alle crociate’. E ancora: ‘Il Marchese del Grillo’, ‘La ragazza con la pistola’ (terza nomination all’Oscar, film del 1968), ‘Romanzo popolare’ (1974), ‘Un borghese piccolo piccolo’ (1977), ‘Speriamo che sia femmina’ (1986) e ‘Parenti serpenti’ (1992).

La notizie della morte di Monicelli si è diffusa molto velocemente nel web e ha suscitato tante reazioni, non solo nel mondo dello spettacolo.

L’attore Michele Placido: “Il suicidio non me l’aspettavo, ma bisogna rispettare questa sua decisione, Mario era uno che aveva insegnato a tutti il rispetto delle regole e della tolleranza e cosi’ se qualcuno gli avesse chiesto perchè il suicidio avrebbe risposto: saranno pure i fatti miei. Me la ricordo bene quell’esperienza con Monicelli. Era una persona di grande energia sul set e nessuno riusciva a stargli dietro”.

G. M.

 

novembre 29, 2010

WIKILEAKS: MILIARDI STRAGI MERCENARI E MONSANTO

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Miliardi e stragi: Wikileaks, i mercenari e la Monsanto

Scritto il 23/10/10
 
 

Torture, omicidi, stragi di civili. Dall’Iraq all’Afghanistan, affiora anche sui grandi media – grazie alle rivelazioni di Wikileaks, il sito di intelligence di Julian Assange – la verità nascosta sulla “guerra infinita”, i conflitti “asimmetrici” degli ultimi anni, spesso presentati come missioni di pace. Ultime notizie: fino al 2009 in Iraq sono morte oltre 109.000 persone, di cui 66.000 civili, centinaia dei quali sono stati uccisi ai checkpoint dell’esercito americano. Le imbarazzanti informazioni che filtrano da Wilikeaks si saldano con le nuove voci sui retroscena della macchina bellica: strani collegamenti con Al-Quaeda e operazioni sporche affidate ai mercenari della Blackwater, società che qualcuno collega alla multinazionale Monsanto, sostenuta anche da Bill Gates.

Wikileaks ha ora diffuso il più imponente dossier di documenti militari riservati che sia mai stato pubblicato, su argomenti scottanti della guerra in IraqIraq. Torture sui prigionieri e massacri di civili, documentati da 400.000 rapporti militari Usa: sono quanto resta della prima “tranche” di 90.000 documenti pubblicati dal sito di Assange a fine luglio. Dura la condanna di Hillary Clinton: «Ho la ferma convinzione – ha dichiarato il segretario di Stato di Barack Obama – che si debba condannare nel modo più chiaro la diffusione di tutte le informazioni, da parte di individui o di organizzazioni, che possano mettere a rischio la vita dei soldati e dei civili degli Stati Uniti e dei loro alleati».

Tra i silenzi di Washington, accusa “PeaceReporter”, il maggiore riguarda forse proprio la famigerata Blackwater, oggi ribattezzata Xe Services: è stato appena archiviato il caso di Andrew Moonen, ex mercenario in forza all’azienda, accusato di aver ucciso nel 2006 Raheem Khalif, guardia del corpo dell’allora vicepresidente iracheno Adel Abdul Mahdi. Moonen era già stato licenziato per «aver violato il regolamento sull’alcool e le armi da fuoco», ma ciò non ha impedito a Combat Support Associates, un’altra società alle dipendenze del Pentagono, di assoldare l’uomo per una missione in Kuwait. Per i mercenari, una sorta di immunità giudiziaria: che secondo il professor Andrew Leipold dell’Università dell’Illinois «rende difficile la perseguibilità di chi compie azioni criminose».

Le agenzie di “contractor” sono vincolate per contratto al solo Dipartimento di Stato: il codice militare non vale per loro, ma solo per i dipendenti del Pentagono. Ecco perché le indagini su massacri gestiti dai mercenari finiscono in nulla: i killer sono protetti dall’attenuante dell’autodifesa, dall’ultimo caso discusso in Virginia – due mercenari responsabili della morte di civili in Afghanistan – alla strage di 17 iracheni a Baghdad nel 2007, per la quale sono stati prosciolti i responsabili, tutti mercenari Blackwater. «Quelle vittime non hanno trovato giustizia», scrive Antonio BlackwaterMarafioti su “PeaceReporter”, e dopo quattro anni di indagini, anche il caso Moonen «si è chiuso con un’archiviazione che lascia l’amaro in bocca».

Anche se uccide civili innocenti, la Blackwater non paga. Anzi, viene pagata. E non è tutto: un rapporto di Jeremy Scahill su “The Nation” ha rivelato che l’agenzia mercenaria ha «venduto servizi d’intelligence clandestini alla multinazionale Monsanto». Lo riferisce Silvia Ribeiro su “La Jordana”, in un servizio ripreso da “Megacgip”, secondo cui la Blackwater, che resta  il maggiore appaltatore privato dei “servizi di sicurezza” di Washington, «pratica il terrorismo di Stato dando al governo l’opportunità di negarlo». Dietro le quinte, militari ed ex funzionari Cia: «Lavorano per Blackwater o società collegate create per sviare l’attenzione dalla propria cattiva reputazione». Alti profitti al riparo dell’agenzia: non solo per operazioni belliche, ma anche per servizi a beneficio di governi, banche e propaganda anti Monsantomultinazionali: «Informazione e spionaggio, infiltrazione e lobbying politico».

Secondo Scahill, gli affari con le multinazionali come Monsanto e Chevron, e giganti finanziari come Barclays e Deutsche Bank, vengono convogliati tramite due società possedute da Erik Prince, fondatore della Blackwater: Total Intelligence Solutions e Terrorism Research Center. Uno dei funzionari Blackwater, Cofer Black, già co-direttore della Cia, nel 2008 stabilì un contatto con la Monsanto «per spiare e infiltrare organizzazioni di attivisti sui diritti animali, anti-Ogm e altre attività sporche del gigante della biotecnologia». Il dirigente Monsanto Kevin Wilson ha confermato a “The Nation” di aver noleggiato i servizi di Total Intelligence nel 2008 e 2009, secondo la Monsanto solo per tener d’occhio «quanto divulgato pubblicamente» dai suoi detrattori.

Per Total Intelligence, aggiunge Silvia Ribeiro, Monsanto ha pagato 127.000 dollari nel 2008 e 105.000 nel 2009. «Non sorprende che una società impegnata nella “scienza della morte” come la Monsanto, dedita fin dall’inizio alla produzione di sostanze tossiche che spaziano dall’Agent Orange ai Pcb (bifenili policlorurati), pesticidi, ormoni e semi geneticamente modificati, sia associata a un’altra società di farabutti», scrive la Ribeiro, che aggiunge: appena dopo le rivelazioni di “The Nation”, il network “Via Campesina” ha riferito dell’acquisto di 500.000 azioni Monsanto, per oltre 23 milioni di dollari, da parte della Fondazione Bill & Melinda Gates. Il patron di “Microsoft” ha gettato da maschera del filantropo, associandosi Bill Gatesalla “multinazionale della morte” assistita dai mercenari dell’intelligence e delle guerre sporche?

«È un matrimonio fra i due più brutali monopoli nella storia dell’industrialismo», accusa la Ribeiro: «Bill Gates controlla più del 90% della quota di mercato dei software proprietari e Monsanto circa il 90% del mercato globale delle sementi transgeniche e buona parte delle sementi commerciali globali». Come Monsanto, accusa ancora Silvia Ribeiro, Gates è inoltre impegnato a tentare di distruggere l’agricoltura rurale contadina a livello mondiale, attraverso l’Agra: l’“Alliance for a Green Revolution in Africa” «funziona come un cavallo di Troia per privare i poveri agricoltori africani delle loro sementi tradizionali, sostituendole con quelle delle proprie aziende per arrivare a quelle geneticamente modificate». Blackwater, Monsanto e Gates – conclude Ribeiro – sono tre lati della stessa figura: la macchina da guerra al pianeta, che stritola chiunque vi si opponga.

Ipotesi e rivelazioni: frammenti che affiorano con crescente velocità soprattutto attraverso il web, e grazie alle “ondate” di Wikileaks ora conquistano spazio anche sui grandi media, finora molto prudenti. Verità scomode?  Uno specialista, Paul Joseph Watson, aggiunge su “Prison Planet” un nuovo inquietante capitolo: il leader terrorista di Al-Qaeda Anwar Al-Awlaki, americano di nascita, l’uomo che ha collaborato a ideare il fallito attentato dinamitardo del giorno di Natale, la sparatoria di Fort Hood, l’attentato di Times Square, proco prima di esaltare pubblicamente le gesta Bush e Bandardei presunti attentatori dell’11 Settembre «aveva cenato al Pentagono», come mostrano documenti in possesso di Fox News.

Secondo Watson, Awlaki è appena l’ultimo nella lunga lista degli “agenti doppi” di Al-Qaeda, la cui attività «dimostra che l’organizzazione terroristica sia poco più che una facciata del Pentagono e della macchina da guerra Usa». Altro esempio? L’ex inviato dell’Arabia Saudita negli Stati Uniti, principe Bandar bin Sultan bin Abdul Aziz, noto come “Bandar Bush” per le sue strette relazioni con l’ex presidente George W. Bush e con suo padre. Quell’uomo «ha lavorato a stretto contatto con il direttore della Cia George Tenet, quando era l’ambasciatore saudita a Washington».

Bandar, aggiunge Watson in un servizio ripreso da “Megachip”, è sparito due anni fa, dopo che emerse che era diventato il leader di fatto di Al-Qaeda Iraq, dopo aver armato le organizzazioni terroristiche in Medio Oriente. Il presidente Bush lo avrebbe consultato prima di invadere l’Iraq nel 2003. E’ lo stesso uomo che ha poi «addestrato, finanziato e dotato di mezzi i terroristi per uccidere le truppe americane, fornendo al governo Usa la perfetta giustificazione per restare quale forza di occupazione nel Paese». Bandar ha anche minacciato la Gran Bretagna di «un altro 7 luglio» e la perdita di «vite britanniche nelle strade della Gran Bretagna» se avesse avuto seguito l’inchiesta di corruzione all’interno dell’esercito saudita. «Il primo Ministro Tony Blair – scrive Watson – ha ubbidito e ha annullato l’inchiesta».

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Perché i governi temono WikiLeaks?

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29/11/2010 – SEGRETI SVELATI

Perché i governi temono WikiLeaks?

A CURA DI ANDREA MALAGUTI

CORRISPONDENTE DA LONDRAPerché gli oltre due milioni di nuovi documenti Usa top secret nelle mani di WikiLeaks fanno paura all’amministrazione Obama e possono metterne in pericolo le relazioni diplomatiche destabilizzando buona parte dei governi del pianeta?
Perché contengono i verbali e i giudizi espressi tra il 2000 e il 2009 dai diplomatici americani sui governi e i leader di tutto il mondo, compresi gli alleati israeliani, inglesi e italiani. Molti di questi giudizi sono severi, minano la serenità di relazioni bilaterali consolidate e promettono di innescare incontrollabili reazioni a catena in aree del pianeta particolarmente delicate.

Che tipo di reazioni?
Quelle più temute dalla amministrazione americana e dal governo inglese sono legate al mondo musulmano. Numerosi leader sono stati valutati con asprezza. Non solo Gordon Brown, David Cameron, Silvio Berlusconi, Robert Mugabe o Nelson Mandela. Ma anche Hamid Karzai, presidente del Pakistan, il colonnello libico Muammar Gheddafi e molti capi di stato mediorientali. Nei documenti si fa anche riferimento a politici russi e afghani corrotti e ad aiuti turchi per Al Qaeda in Iraq. La paura è che venga rilanciata l’immagine degli Stati Uniti come Grande Satana del pianeta, provocando reazioni violente da parte degli estremisti nei confronti di cittadini americani e inglesi in particolare in Iran, Afghanistan e Pakistan.

Il governo americano ha intenzione di trattare con WikiLeaks per la restituzione dei documenti?
No. In una lettera a Julian Assange il Dipartimento di Stato dice testualmente: «Non apriremo nessuna trattativa in merito alla futura diffusione di materiale classificato come segreto dal nostro Governo e ottenuto in maniera illegale. Fino a quando WikiLeaks sarà in possesso dei documenti saremo in presenza di una violazione della legge».

Perché Assange ha deciso di pubblicare i verbali?
Perché ritiene che si tratti di una battaglia per la libertà e la democrazia. Parlando ieri in videoconferenza con alcuni giornalisti americani e britannici, Assange ha sostenuto che il materiale «copre i maggiori problemi presenti in ogni Paese del mondo».

Ma che cos’è WikiLeaks?
E’ un sito giornalistico, o più precisamente una organizzazione internazionale che riceve in modo anonimo documenti, soprattutto militari, coperti da segreto. I vengono analizzati e messi in rete. La sede è sconosciuta. Il suo primo colpo lo ha battuto pubblicando il manuale militare utilizzato dagli americani nella prigione di Guantanamo, ma è stato con la pubblicazione di video e documenti secretati relativi agli interventi in Iraq che si è imposto all’attenzione mondiale. In particolare in un video messo in rete in aprile si vedeva un elicottero dell’esercito degli Stati Uniti sparare e ammazzare dodici civili a Baghdad, tra loro due giornalisti dell’agenzia giornalistica Reuters. Tre mesi più tardi WikiLeaks pubblicava altri 77 mila documenti interni dell’esercito americano sulla guerra in Afghanistan.

E’ stata la più grande fuga di notizie della storia?
Sì, ma solo fino all’ottobre scorso quando sempre WikiLeaks ha messo in rete e consegnato ad alcuni quotidiani con cui collabora (come l’inglese «Guardian» e l’americano «New York Times») 400 mila documenti segreti sulla guerra in Iraq. Nei file sono verbalizzate torture e stragi di civili. «Il mondo deve sapere come sono stati ammazzati 109 mila innocenti», ha detto Julian Assange nel corso di una conferenza stampa tenuta a Londra. La Casa Bianca ha sostenuto che la pubblicazione dei documenti in mano al sito costituisce un attentato alla sicurezza nazionale. Aggiungendo che a causa di questa scelta sono state messe in pericolo le vite di moltissimi collaboratori e informatori americani in Iraq e in Afghanistan. Valutazioni analoghe sono state fatte per i documenti codificati inviati dalle ambasciate. Il presunto responsabile della fuga di notizie, l’analista di intelligence Bradley Manning, è stato arrestato, mente il governo inglese ha aperto un’inchiesta sul comportamento delle proprie truppe.

Chi è Julian Assange?
Julian Assange è un hacker australiano che ha fondato il sito WikiLeaks. Ha 39 anni e oltre a essere considerato dal Pentagono «un pericolo pubblico per gli Stati Uniti», è inseguito da un mandato d’arresto svedese. L’accusa è di avere violentato due donne. Addebito che Assange respinge parlando di complotto. Paladino delle libertà, mostro o entrambe le cose? Dopo aver chiesto inutilmente il passaporto svedese, ora l’enigmatico Assange, che potrebbe essere nascosto a Dubai e passa gran parte della sua vita in volo tra Londra, Stoccolma e Bruxelles, ha chiesto asilo in Svizzera.

http://www3.lastampa.it/domande-risposte/articolo/lstp/377898/

ARRESTATO IL PRESUNTO SERIAL KILLER DI CASSABILE GIUSEPPE RAELI

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TG.COM

Siracusa, preso mostro di Cassibile

29/11/2010
 

Serial killer dal 1996 al 2009

I carabinieri di Siracusa hanno arrestato un uomo ritenuto il “mostro di Cassibile”, il serial killer al quale vengono addebitati una decina tra omicidi e tentati omicidi compiuti dal 1996 al 2009 nella piccola frazione a una ventina di chilometri dal capoluogo. Si chiama Giuseppe Raeli ed è un pensionato incensurato di 69 anni. Gli investigatori hanno bloccato il presunto serial killer nella sua abitazione di Cassibile.

Siracusa, preso mostro di Cassibile 

Decisiva l’operazione condotta con il supporto di un elicottero e di unità cinofile. Sul posto hanno operato anche i carabinieri del Ris di Messina. L’arresto è scattato in esecuzione di un’ordinanza di custodia  in carcere del giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Siracusa, su richiesta della Procura aretusea.

L’uomo ha già lasciato sotto scorta e nel massimo riserbo la caserma del comando provinciale dei carabinieri di Siracusa  per essere condotto nel carcere siracusano di contrada Cavadonna. Le accuse a suo carico sono di omicidio, tentato omicidio, porto e detenzione di arma in relazione ai diversi episodi che gli vengono contestati. Gli investigatori attendono adesso di valutare quel che emergerà dalle perquisizioni in corso sia nella sua abitazione che in alcuni fondi nella sua disponibilità per verificare se possono essere ricondotti o meno al pensionato anche altri episodi sui quali le indagini sono ancora aperte.

La svolta nell’indagine è arrivata nei primi mesi dello scorso anno, quando il 15 marzo è scattato l’agguato a Giuseppe Leone, un imprenditore agricolo ferito in modo non grave in un agguato tesogli mentre stava uscendo, di sera, dal suo podere nelle campagne di Cassibile. Le modalità operative hanno fatto ritenere agli investigatori che potesse trattarsi del “mostro”, che tuttavia non era più entrato in azione da cinque anni.

Da quell’agguato è stato avviato un certosino lavoro investigativo che ripercorre a ritroso, caso dopo caso, i fatti di sangue attribuiti al “mostro” e rimasti sino a quel momento insoluti. Sono stati fissati alcuni punti fermi che hanno messo in collegamento gran parte degli episodi analizzati. Il primo è stato, appunto, l’identico modus operandi. Il killer prima di sparare e uccidere tendeva alle sue vittime trappole che costringevano gli obiettivi a venire allo scoperto per diventare comodi bersagli: tronchi o grossi massi lungo la strada per fermare le auto, cancelli chiusi con filo di nylon in modo tale da obbligare la vittima designata ad uscire dall’abitacolo ed esporsi ai colpi, incendi appiccati ai mezzi o colpi di fucile contro finestre e facciate per far uscire i proprietari da casa.

Inoltre gli agguati venivano tesi rimanendo al riparo dietro muretti o fitte sterpaglie in zone che comunque garantivano all’assassino comode vie di fuga, attraverso quelle campagne che l’uomo conosceva assai bene per via del suo lavoro di “palista”: puliva infatti i terreni con la pala meccanica e poi rivendeva la legna da ardere.

Procuratore: “Certi di averlo individuato”
“Da parte nostra c’è l’assoluta serenità di aver individuato con certezza il soggetto indicato come il “mostro di Cassibile'”. Lo ha detto il Procuratore di Siracusa, Ugo Rossi, nel corso della conferenza stampa per illustrare i particolari dell’operazione che ha portato all’arresto di Giuseppe Raeli, 69 anni, il pensionato indicato come il responsabile di 5 delitti e 4 tentati omicidi. ”Abbiamo svolto un’indagine certosina su quasi 15 anni di episodi oscuri, anche se alcuni ‘segnali’ li troviamo anche in vicende che risalgono addirittura al 1991″, ha osservato il procuratore.

Uomo rancoroso e attaccato alla “robba”
Giuseppe Raeli, il pensionato di 69 anni arrestato con l’accusa di esere il ”mostro di Cassibile”, viene descritto dagli investigatori come una persona taciturna, schiva ma anche ”fredda, chiusa, rancorosa, minacciosa e vendicativa quando si interferiva con i suoi interessi economici”. Anche per questo, hanno spiegato, a Cassibile era soprannominato ”u’ lupu” (il lupo). Ma la vera cifra distintiva del suo modo di essere e di vivere era lo smodato attaccamento al denaro, ”verrebbe da dire alla ‘robba’ come la definiva Verga nella sua novella”, ha detto il procuratore di Siracusa Ugo Rossi.

http://www.tgcom.mediaset.it/cronaca/articoli/articolo496987.shtml

  

YARA GAMBIRASIO RAGAZZA DI BEGAMO SPARITA

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29/11/2010 – IL CASO

Il mistero della 13enne
inghiottita dal buio

Bergamo, scomparsa da venerdì: si teme il rapimento

 
 

FABIO POLETTI

MILANO
L’ ultimo sms a un’amica sembrava più che normale: «Ci vediamo domenica alla gara». Poi più niente, telefonino LG spento dalle 18 e 49 di venerdì. Sembra svaporata nel nulla Yara Gambirasio, 13 anni di Brembate Sopra in provincia di Bergamo, una ragazzina come tante senza troppi grilli con la testa, una sola grande passione per la ginnastica ritmica.

La gara di ieri al Palazzetto dello Sport organizzata dalla Polisportiva Brembate è stata sospesa. A casa, in una villetta di mattoni circondata da un piccolo giardino curato, la madre Maura e il padre Fulvio sono incollati al telefono in attesa di notizie. Il pubblico ministero Letizia Ruggeri ha aperto un fascicolo per sequestro di persona, ma è solo un atto formale in attesa di capire dove sia finita questa ragazzina con l’apparecchio per i denti, la coda di cavallo, i leggins scuri, la maglietta della Polisportiva bergamasca sotto a un giubbotto nero di Hello Kitty.

«Credo di essere stata l’ultima a vederla. E’ venuta qui a portare uno stereo che doveva servire per la gara di domenica. Saranno state le 17 e 30 di venerdì. Lei si è fermata per nemmeno un’ora a guardare le compagne allenarsi, poi se ne è andata da sola come era arrivata», racconta Daniela Rossi, la responsabile della Polisportiva, duecento miniatlete, duecento ragazzine come Yara che adesso stanno cercando nei fiumi e nelle rogge, perché c’è sempre la possibilità che sia capitata una pur terribile disgrazia e non il peggio del peggio a cui nessuno vorrebbe mai pensare.

Gli amici di Yara su Facebook si sono già mobilitati per trovare la ragazzina scomparsa. E sul social network sono già in più di duemila che pregano per il lieto fine, maledicono chi l’ha portata via sicuri che sia così o si sfogano e basta perchè è sempre così. Carabinieri e Protezione Civile battono da sabato la zona, i canali e i pozzi, la campagna e le rogge cariche di acqua. In una cascina hanno trovato solo tre extracomunitari che dormivano al freddo, li hanno portati via ma c’entravano niente. «Voglio solo che Yara ritorni a casa», la mamma della ragazzina balbetta poche parole al citofono, mentre la villetta inizia ad essere assediata dalle prime telecamere.

La signora Maura lavora come educatrice in un asilo nido. Suo marito Fulvio è geometra in un’azienda della zona. In famiglia ci sono altri due figli, due bambini più piccoli di Yara. La villetta è troppo uguale a tante altre del paese, dignitosa ma niente di più. Niente che possa ingolosire qualcuno interessato a un facile ma impossibile riscatto. E allora tutta la storia della scomparsa di Yara Gambirasio si consuma in questi cinquecento metri tra il palazzetto dello sport e casa sua. Un percorso abituale per Yara, vita ordinaria e allenamenti costanti con le compagne.

Può essere successo tutto, qui lungo questo marciapiede che costeggia un parcheggio, davanti a questa cancellata senza negozi o portoni, dove qualcuno avrebbe potuto avvicinare Yara senza essere visto. L’ipotesi peggiore, quella che più angoscia la famiglia della ragazzina. «Mia figlia non se ne sarebbe mai andata volontariamente. Non aveva motivi per andarsene di casa. Aveva appena preso la pagella. Tutti bei voti.

Aveva solo una grande passione per la ginnastica ritmica», si dispera sua madre davanti ai carabinieri che in paese hanno sentito cento che hanno saputo dire niente: amici e parenti, insegnanti e vicini di casa, famigliari e conoscenti, il perimetro sociale di una ragazzina almeno in teoria benvoluta da chiunque. Certo l’ipotesi della fuga più o meno volontaria con qualcuno conosciuto da poco, in palestra o su Facebook, gli investigatori non la scartano ancora. Gli unici che non ci credono, sono quelli che la conoscono bene. Suor Carla che insegna religione nella terza media di Yara, prega che le sia successo niente: «E’ una ragazzina molto sveglia, non si farebbe abbindolare facilmente».

Mamma Maura ne è ancora più convinta: «Mia figlia è buona come il pane mi è impensabile immaginare un suo colpo di testa. E quella strada che ho fatto e rifatto mille volte da venerdì sera, Yara la conosceva bene». Lungo quella strada adesso c’è una pattuglia della Polizia municipale. Un’altra è piazzata davanti all’ingresso della villetta, per tenere lontani telecamere e curiosi. Con il buio le ricerche vengono sospese. La terza notte di buio, nella vita di Yara Gambirasio.

http://www3.lastampa.it/cronache/sezioni/articolo/lstp/377943/

 
 

novembre 23, 2010

Tonno: e non sai cosa mangi. Greenpeace testa il Dna delle scatolette

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Tonno: e non sai cosa mangi. Greenpeace testa il Dna delle scatolette

 23 novembre 2010

 

 

ROMA. Greenpeace ha reso noti  i risultati delle analisi genetiche condotte dal laboratorio indipendente spagnolo AZTI Tecnalia su 165 scatolette di tonno, provenienti dall’Italia e da altri 11 Paesi, europei e non. Le scatolette analizzate appartengono tutte a marche molto popolari sul mercato mondiale, tra le altre Nostromo, Mare Aperto Star, Riomare e Carrefour. A quasi un anno dal lancio della classifica “Rompiscatole”, con il rapporto “A scatola chiusa” Greenpeace chiede che «L’industria del tonno in scatola e le grandi catene di distribuzione garantiscano finalmente piena trasparenza ai consumatori  e si impegnino a vendere solo tonno pescato in maniera sostenibile».

Secondo l’associazione ambientalista «Una scatoletta su tre contiene specie differenti di tonno mescolate insieme o diverse da quanto indicato in etichetta o che possono variare a seconda del lotto di provenienza. Mescolare due specie diverse di tonno nella stessa scatoletta è una pratica illegale in Europa. Dalle nostre analisi risulta anche che, passando da una scatoletta all’altra dello stesso prodotto, il consumatore può trovare specie differenti di tonno. Questo avviene, per esempio, per i prodotti Nostromo e Mare Aperto Star, testati in Italia. In questi casi viene usata un’etichetta del tutto generica “Ingredienti: tonno”, tanto legale quanto inaccettabile, che impedisce al consumatore di sapere con certezza cosa mangerà».

Dalle  analisi viene fuori anche che le scatolette campionate che contengono specie diverse da quanto indicato in etichetta contengono a volte anche specie sovrasfruttate, come il tonno obeso.

Giorgia Monti, responsabile della campagna mare di Greenpeace, spiega che in queste condizioni «Quando un consumatore mette nel carrello della spesa una scatoletta di tonno non sa realmente cosa compra. Purtroppo, la maggior parte dei prodotti presenti sul mercato non offrono sufficienti garanzie né sul tipo di tonno che portiamo in tavola né sulla sostenibilità dei metodi con cui è stato pescato».

Greenpeace ha identificato tra i principali fattori che contribuiscono a far finire nelle scatolette diverse specie di tonno, l’utilizzo di metodi di pesca poco sostenibili, come le reti a circuizione con “sistemi di aggregazione per pesci” o Fad e la Monti spiega che «I Fad sono oggetti galleggianti che attirano esemplari giovani di tonno, ma anche specie minacciate come tartarughe marine, squali balena e altri pesci che regolarmente finiscono in queste reti in modo accidentale. Una volta pescati, tonni diversi vengono conservati e congelati tutti insieme a bordo, e la loro identificazione risulta difficile. L’utilizzo dei Fad sta distruggendo l’ecosistema marino e conducendo gli stock di tonno verso il collasso. Se vogliamo salvare il tonno tropicale prima che venga totalmente compromesso, come è successo per il tonno rosso del Mediterraneo, è necessario eliminare i metodi di pesca più distruttivi, ridurre lo sforzo di pesca e tutelare con riserve marine le aree più importanti per la biologia di queste specie».

Il rapporto conclude che «In particolare è ora che le principali aziende del settore smettano di utilizzare nelle proprie scatolette tonno pescato con i Fad. E’ necessario che i consumatori e le aziende della grande distribuzione manifestino subito un chiaro rifiuto a comprare prodotti che contengono tonno pescato con questo sistema. Allo stesso tempo le organizzazioni che gestiscono la pesca su base regionale devono stabilire una moratoria immediata per l’utilizzo di Fad nei diversi oceani del mondo. Ciò ridurrebbe significativamente le catture di specie accessorie, e diminuirebbe anche il rischio di mescolare specie diverse durante il processo di trasformazione. Ma soprattutto darebbe agli stock di tonno in declino, così come a tutte le altre specie marine catturate e uccise con i Fad, la possibilità di recuperare. Greenpeace chiede che, alla prossima riunione della Commissione che gestisce la pesca nell’Oceano Pacifico Centrale e Occidentale (West and Central Pacific Fisheries Commission – Wcpfc) che si terrà agli inizi di dicembre alle Hawai, vengano prese efficaci misure di gestione per salvare gli stock di tonno obeso e pinna gialla le cui condizioni destano ormai serie preoccupazioni. E’ importante che si vieti ogni tipo di pesca in quelle zone d’alto mare conosciute come “Pacific commons” (o “high seas pokets”) dove la pesca selvaggia è permessa

dall’assenza di regole (si tratta di acque internazionali) e che si decida per una moratoria permanente dell’uso dei Fad. Le aziende e le grandi catene di distribuzione con le loro scelte possono influenzare positivamente questi processi politici e contribuire così alla tutela degli stock di tonno e di tutto l’ecosistema

marino».

http://www.greenreport.it/_new/index.php?page=default&id=7760

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La Corea del nord bombarda il sud (che risponde). Colpi di cannone sul nucleare coreano

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23 novembre 2010

La Corea del nord bombarda il sud (che risponde). Colpi di cannone sul nucleare coreano

 

 

LIVORNO. L’esercito della Repubblica popolare di Corea (Rpdc – Corea del nord) oggi ha cannoneggiato un’isola sudcoreana al largo della costa occidentale della penisola coreana, vicino alla frontiera marittima con la Repubblica di Corea (Corea del sud). I Sudcoreani hanno risposto cannoneggiando a loro volta la Corea del nord.

Non si tratta della solita scaramuccia: i tiri di obice nordcoreani hanno colpito l’isola di Yeongpyeong alle 14,34 ora locale, costringendo gli abitanti e i militari alla fuga. Ci sarebbe almeno un morto e diversi feriti tra i militari di Seoul.

Sull’isola sudcoreana sarebbero arrivati dal nord almeno 70 colpi di cannone, dal sud avrebbero risposto con 80. Secondo la televisione sudcoreana Ytn l’esercito di Seoul è stato messo in stato di allerta. Altri scambi di colpi di cannone si erano già verificati a gennaio ed agosto, ma non con questi danni: secondo Ytn più di 50 edifici hanno preso fuoco dopo il bombardamento.

Lo scambio di cannonate è avvenuto dopo che l’esercito sudcoreano ha avviato lunedi le sue esercitazioni militari annuali, ma stavolta con grande sfoggio di forze e ponendo l’accento sulla ripresa del programma nucleare da parte del regime nazional-comunista di Pyongyang che a sua volta sembra non aver proprio gradito la presenza di 70.000 soldati di Seoul ai propri confini almeno fino al 30 novembre.

La situazione in Corea è nettamente peggiorata dopo il siluramento della corvetta sudcoreana Cheonan il 26 marzo ad opera dei nordcoreani, che invece il regime di Pyongyang dice essere stato un semplice naufragio.

Il governo di Seoul intanto si è rivolto all’Onu perché si esprima sullo scambio di tiri avvenuto nel Mar Giallo. L’agenzia Yonhap riferisce un comunicato del ministero degli esteri sudcoreano: «esaminiamo la possibilità di sottoporre questa questione all’esame dell’Onu per determinare se l’azione costituisce una violazione della Carta della Nazioni Unite». Le due Coree sono ancora formalmente in stato di guerra perché il conflitto 1950-1953, che coinvolse cinesi e statunitensi, si concluse con un armistizio e non con un trattato di pace.

Fino ad ora la Corea del nord non ha commentato il suo attacco, anche se ha fatto circolare le foto dell’impresa militare.

La situazione è più che pericolosa e preoccupa la Cina, alleata-guardiano della Corea del nord e in (grandi) affari con la Corea del sud. Il portavoce del ministero degli esteri cinese, Hong Lei, ha convocato urgentemente una conferenza stampa per dire che «La Cina ha preso atto delle informazioni riguardanti un tiro di obici contro un’isola sudcoreana, chiedendo alle Parti interessate di prendere iniziative favorevoli alla pace ed alla stabilità. Siamo preoccupati per questo affaire e la situazione reale è confermata. Esprimiamo la nostra inquietudine. Speriamo che le Parti interessate sviluppino maggiori sforzi per preservare la stabilità nella penisola».

I cinesi sanno bene che dietro tutto questo c’è il riavvio del programma nucleare della Corea del nord e la costruzione di un nuovo reattore a Yongbyon svelato dalle immagini satellitari e che chi in occidente voleva p far passare la cosa come ininfluente si sbagliava di grosso. Per questo oggi, mentre rumoreggiavano i cannoni coreani, ha proposto la ripresa dei negoziati a 6 sulla denuclearizzazione della penisiola coreana.

Hong Lei ha detto: «La Cina resta fedele alla sua posizione che consiste in una regolamentazione dei problemi attraverso il dialogo e le consultazioni. Bisogna invocare la situazione attuale per riprendere i negoziati a 6. Speriamo che le Parti interessate siano capaci di creare le condizioni necessarie per ritornare ai colloqui a 6 e riprendere il dialogo sul problema del nucleare nordcoreano il più presto possibile».

Pechino prende le distanze (ma non troppo e per quel che può) dal suo bizzoso alleato nordcoreano al quale probabilmente ha fornito i cannoni che hanno sparato su Yeongpyeong, ma sarà difficile che Russia, Usa, Giappone e Corea del sud si siedano oggi allo stesso tavolo con Pechino e Pyongyang mentre si alzano le colonne di fumo dell’attacco armato e mentre circolano le immagine della costruzione di un nuovo reattore nucleare in Corea del nord.

http://www.greenreport.it/_new/index.php?page=default&id=7750

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