Mirabilissimo100’s Weblog

agosto 6, 2020

L’ipotesi del giornalista ebreo americano Richard Silverstein: Israele ha bombardato Beirut

 

L'ipotesi del giornalista ebreo americano Richard Silverstein: Israele ha bombardato Beirut

 
L’ANTIDIPLOMATICO.IT
 
5 AGOSTO 2020
di Richard Silverstein

Israele ha fatto esplodere un deposito di munizioni di Hezbollah nel porto di Beirut, ma non sapendo che un deposito vicino conteneva un’enorme quantità di nitrato di ammonio,  sopraffatto dalle dimensioni della carneficina e della distruzione, il governo ha immediatamente negato il proprio coinvolgimento – ancor prima che qualcuno in Libano incolpasse Israele.

Una fonte israeliana altamente informata mi ha detto, in via confidenziale, che Israele ha causato la massiccia esplosione nel porto di Beirut oggi [n.d.r. ieri] che ha ucciso oltre 100 persone e ne ha ferito migliaia. Il bombardamento ha anche praticamente livellato il porto stesso e causato danni ingenti in tutta la città.

Israele ha preso di mira un deposito di armi di Hezbollah nel porto e ha pianificato di distruggerlo con un dispositivo esplosivo. Tragicamente, l’intelligence israeliana è stato sufficientemente  diligente perché non sapevano (o se lo sapevano, non gliene  importava) che c’erano 2.700 tonnellate di nitrato di ammonio  in un magazzino proprio lì accanto. L’esplosione del deposito di armi ha incendiato il magazzino accanto, provocando la catastrofe che ne è derivata.

Ovviamente è inconcepibile che gli agenti israeliani non si siano curati di appurare tutto ciò che riguardava il loro obiettivo, incluso ciò che si trovava nelle immediate vicinanze. La tragedia che Israele ha provocato è un crimine di guerra di immensa grandezza.

La Corte Penale Internazionale  ha già stabilito di indagare su Israele per i crimini di guerra commessi a Gaza nel 2014 durante Protective Edge. Ora, immagino che amplierà la portata delle indagini, includendo il criminale massacro, causato da negligenza, di oggi [n.d.r.ieri].

Sebbene Israele abbia regolarmente attaccato Hezbollah e depositi e convogli di armi iraniani in Siria, raramente ha intrapreso attacchi così sfacciati all’interno del Libano. Questo attacco nella capitale del paese segna un’escalation maggiore. La pura incoscienza di questa operazione è sorprendente.

Non sorprende però. Un’operazione di questo tipo può avvenire solo in mezzo a disfunzioni politiche interne. Bibi è alle corde e cerca disperatamente di cambiare argomento. Quando i suoi ufficiali dell’intelligence gli hanno portato il piano, probabilmente si è fregato le mani con gioia e ha detto: “Vai!” L’intelligence israeliana era naturalmente pronta a soddisfare il capo e probabilmente ha “smussato” gli angoli per portare a termine l’attacco. Quando nessuno al volante e dice “Stop!” la barca colpisce un iceberg e affonda. Questo è probabilmente quello che è successo in questo caso.

L’attentato israeliano ne richiama alla memoria altri simili,  orchestrati dai suoi agenti a Beirut nel periodo precedente e successivo all’ invasione del 1982. Il libro di Ronen Bergman sugli omicidi del Mossad e Remy Brulin hanno documentato molteplici attentati israeliani, durante questo periodo, che hanno provocato molte morti e distruzioni ai danni della popolazione civile della città.

In questo caso, il danno è stato accidentale, ma questo non sarà di conforto per le migliaia di abitanti di Beirut  le cui vite sono diventate un inferno vivente a causa di questo crimine israeliano.

Per inciso, l’ex membro della Knesset per il Likud, Moshe Feiglin, ha twittato una citazione della Bibbia sul disastro: “Non ci sono mai stati giorni così grandi in Israele come il 15 di Av [il giorno dell’attentato] e lo Yom Kippur”.

Certo, mi duole ammettere che il Pres. Trump aveva ragione nella sua affermazione che l’esplosione era un “attacco terribile” e che l’informazione gli era stata trasmessa dai “suoi generali”. In questo caso, avevano ragione loro.

Potrebbero (e dovrebbero) esserci ripercussioni politiche interne per questo disastro. Quando Netanyahu ha approvato l’attacco, è divenuto responsabile delle conseguenze. Nel 1982, una commissione d’inchiesta trovò Ariel Sharon colpevole dell’invasione del Libano e del massacro di Sabra e Shatilla. Fu mandato in esilio politico per un decennio. Per lo meno, questo dovrebbe escludere Bibi dal guidare il Paese. Questo sarebbe il risultato in qualsiasi nazione democratica in cui il leader fosse ritenuto responsabile dei suoi fallimenti.

Ma ahimè, Israele non è un paese del genere, e Bibi sembra sempre riuscire a sottrarsi alla responsabilità per i suoi errori. La differenza adesso è che il leader israeliano è già sotto pressione a causa della disastrosa risposta del suo governo al Covid19 e dell’incombente processo di corruzione con tre capi d’accusa. Questo potrebbe essere il punto di svolta.
Normalmente, gli israeliani non batterebbero occhio di fronte ad un simile massacro. Sono affascinati dalla sofferenza che infliggono ai loro vicini arabi. Ma data la decrescente popolarità di Netanyahu, questo accadimento potrebbe accelerarne la fine.

Israele non avrebbe potuto scegliere un momento peggiore per infliggere tale sofferenza al Libano. Il paese è in profonda crisi economica. Le aziende falliscono, le persone non hanno nulla da mangiare, i politici litigano e si incolpano a vicenda, mentre non fanno nulla. Il Libano come un cestino da basket. La sofferenza è ovunque. C’è poco interesse da parte dei suoi fratelli arabi, come l’Arabia Saudita, ad andare in suo aiuto. Se un paese non aveva bisogno di questa tragedia aggiuntiva, questo è il Libano. Ma ecco qui: Israele non sembra avere alcun senso di vergogna o moderazione quando si tratta di infliggere dolore ai suoi vicini.

Naturalmente ci saranno dei dubbiosi, delle persone che non crederanno alla mia fonte. Ma a loro faccio notare due evidenze. Normalmente, se Israele ha intrapreso con successo un attacco terroristico (come quelli contro l’Iran), o rifiuterà di commentare o una figura militare o politica di alto livello dirà qualcosa del genere: “Mentre noi rifiutiamo di commentare, qualcuno ha fatto un favore al mondo.”

In questo caso, Israele ha immediatamente negato ogni responsabilità. Perfino Hezbollah avrebbe detto che Israele non aveva causato il danno (probabilmente per proteggersi dall’inevitabile colpa di aver conservato le sue armi accanto a un edificio pieno di materiale esplosivo).

Il secondo segnale rivelatore è che Israele non offre mai aiuti umanitari ai suoi vicini arabi. Durante la guerra civile siriana l’unico gruppo a cui Israele offrì assistenza umanitaria furono i suoi alleati islamisti anti-Assad. Israele non ha mai offerto aiuti del genere in Libano, fino ad oggi. Ha invece causato decenni di morte e distruzione.
Farlo ora è degno della sua faccia tosta.

Fin qui la traduzione di quanto scritto da Richard Silverstein sul suo blog, Tikum Olam, aperto nel 2003.  Silverstein è un blogger a tempo pieno, è un ebreo americano e  si definisce un “sionista progressista (critico)” che sostiene un “ritiro israeliano ai confini pre-67 e un accordo di pace internazionalmente garantito con i palestinesi”. Nato a New York nel 1952, figlio di un insegnante, aspirava ad essere un professore ebraico. Ha  dunque frequentato il Seminario teologico ebraico, conseguendo una laurea in letteratura ebraica. Ha studiato letteratura ebraica presso l’ Università della California ed ha trascorso due anni in Israele, quello precedente alla sua laurea e quello della laurea stessa, studiando letteratura ebraica presso l’Università Ebraica di Gerusalemme.

Oltre a ciò che scrive Silverstein, ci sono altri due elementi di riflessione. Un video postato da Repubblica https://youtu.be/yUctlqoSFJc, in cui si può chiaramente vedere un non meglio identificato oggetto nero volare, lasciando la zona. A prima s-vista, si potrebbe pensare ad un uccello, ma facendo le debite proporzioni e considerando la velocità con cui sfreccia via, qualche dubbio si insinua.

 

Infine, le dichiarazioni del massimo esperto italiano di esplosivi, Danilo Coppe, al Corriere:https://www.corriere.it/esteri/20_agosto_05/beirut-esperto-esplosivi-la-nuvola-arancione-scoppi-ecco-perche-credo-ci-fossero-anche-armi-6da4a01e-d71b-11ea-93a6-dcb5dd8eef08.shtml, ed in audio a Fanpage: https://www.youtube.com/watch?v=4WvfCBnLgtA&feature=youtu.be&fbclid=IwAR3W4eqmomXHfz32z5ikFMF23O2-_QY3MNtGZIfZ-ha3nbuu3s52d7Atkb0.

Ai lettori le conclusioni.

(Traduzione e commento per l’AntiDiplomatico di Paola Di Lullo)

 
FONTE: https://www.richardsilverstein.com/2020/08/04/breaking-israel-bombed-beirut/?fbclid=IwAR2L_Wxs_0260ORyZNVZY7AT39pAsTbmkYxYFDfs0ZG9t0eRFkxfWm3NqX0
 
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https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-lipotesi_del_giornalista_ebreo_americano_richard_silverstein_israele_ha_bombardato_beirut/82_36631/
 

Moshe Feiglin ha pubblicato un post su Facebook dove celebra l’esplosione avvenuta nel porto di Beirut in Libano, definendola “uno show pirotecnico spettacolare”.

 

Ex parlamentare israeliano: «Abbiamo organizzato uno show pirotecnico spettacolare nel porto di Beirut»

 
L’ANTIDIPLOMATICO .IT
 
5 AGOSTO 2020
 

Ex parlamentare israeliano: «Abbiamo organizzato uno show pirotecnico spettacolare nel porto di Beirut»

 
 

Mentre il mondo intero si stringe intorno al Libano colpito dalla spaventosa esplosione avvenuta nella capitale Beirut, dove ancora si cercano i morti rimasti sotto le macerie, in Israele c’è chi celebra quanto avvenuto. 

 

Il presidente del partito Zehut ed ex deputato alla Knesset (parlamento monocamerale israeliano) Moshe Feiglin ha pubblicato un post su Facebook dove celebra l’esplosione avvenuta nel porto di Beirut in Libano, definendola “uno show pirotecnico spettacolare”.

“In onore di [Tu B’Av – la festa ebraica dell’amore che si è svolta martedì e mercoledì], abbiamo organizzato uno show pirotecnico spettacolare nel porto di Beirut”, ha scritto l’ex politico definito testa calda dall’israeliano Ynetnews. “Non credete davvero che fosse solo un deposito di carburante disordinato, vero? Vi rendete conto che questo inferno avrebbe dovuto atterrare su di noi come una pioggia di razzi?”. 

 

Ho un po’ di esperienza con gli esplosivi. La più grande esplosione a cui ho assistito è stata di 2,5 tonnellate di TNT. Quella che abbiamo visto ieri nel porto di Beirut era molto più grande. Il suo effetto distruttivo (meno la radiazione) era equivalente a una mini bomba nucleare”.

 

Prestate molta attenzione ai video presi dal mare, all’enorme vuoto al centro dell’esplosione che ha risucchiato l’acqua di mare in se stesso e ha creato una nuvola a forma di fungo simile a un’esplosione nucleare”.

 

“Oggi è Tu B’Av, è un giorno di gioia – e un sincero e grande ringraziamento al Signore e a tutti i geni e gli eroi (!) Che hanno organizzato questa meravigliosa celebrazione in onore della festa dell’amore”. 

 

Feiglin è un veterano attivista libertario ultranazionalista ed ex membro della Knesset nelle fila del partito al potere Likud. Ha corso per la Knesset diverse volte con il suo partito Zehut – che promuove politiche libertarie ed è salito alla ribalta grazie alla sua spinta a legalizzare l’uso ricreativo della cannabis – ma non è riuscito ripetutamente a superare la soglia elettorale.

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https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-ex_parlamentare_israeliano_abbiamo_organizzato_uno_show_pirotecnico_spettacolare_nel_porto_di_beirut/82_36630/

BEIRUT: L’ESPLOSIONE E’ STATA CAUSATA DA UN COMPLOTTO MILITARE?

 

pensiero libero ma non troppo

193 iscritti

Beirut inside job ? MayBe

BEIRUT: ESPLOSIONE PROVOCATA DA UN AEREO CHE AVREBBE BOMBARDATO?

Filed under: aggressione, attacco, terrorismo, violenza — Tag:, , , , — mirabilissimo100 @ 5:54 PM

539 iscritti

FONTE:Pensiero libero ma non troppo. LINK AL SUO CANALE:https

https://www.youtube.com/channel/UCRSUA_sOZbFXQy-__n-hOsw/featured

 

Video Originale intero attacco Jet Militare Beirut piu’ spiegazione.

 

539 iscritti

Jet Militare radente attacca Beirut !!! sembrerebbe un attacco militare.

BEIRUT: IL GIORNO DOPO L’ESPLOSIONE

Filed under: aggressione, attacco, terrorismo, violenza — Tag:, , , , — mirabilissimo100 @ 5:03 PM

 

Fanpage.it

2,16 Mln di iscritti

Immaginate di trovarvi seduti nel vostro ufficio, a casa, in auto e all’improvviso di venire travolti da una nube di fumo nero che picchia con le sue lame ignote sulla vostra pelle. Mettetevi nei panni di un padre, una madre, un figlio, che correndo disperati verso il nulla si ritrovano davanti all’apocalisse aggrappati alla speranza che tutto sia solo un incubo. E invece no, a Beirut l’inferno non poteva presentarsi in maniera peggiore provocando morte e dolore ben oltre i confini del Libano. L’esplosione atomica che ha sconvolto tutti attraverso i video circolati in rete, immediatamente ci ha fatto pensare che una cosa del genere non l’abbiamo mai vista. E il giorno dopo si contano i morti, i feriti, i dispersi e il bilancio drammatico di una catastrofe. Non bastano gli ospedali, i soccorsi, i posti in obitorio, non c’è più elettricità. Ma a fare ancora paura è la nube tossica generata dal nitrato d’ammonio, sequestrato a bordo di una nave nel 2013, fermo da 7 anni nel porto fino alla tragica esplosione.  Se il video ti è piaciuto: http://fanpa.ge/ISCRIVITI-A-FANPAGE-IT

BEIRUT: PER L’ESPERTO DANILO COPPE SI TRATTA DI UN DEPOSITO D’ARMI-VIDEO

Filed under: aggressione, attacco, terrorismo, violenza — Tag:, , , , — mirabilissimo100 @ 4:54 PM

2,16 Mln di iscritti

“No, macchè nitrato di ammonio. Quello per me era un deposito di armamenti, non c’entra il nitrato di ammonio”. Danilo Coppe, è un geominerario, fra i più importanti esperti di esplosivistica in Italia e fondatore della SIAG, società di esplosivistica civile con sede a Parma, Torri, palazzi, acquedotti, ponti, campanili, eco-mostri e persino ciò che rimase, a Genova, del vecchio Ponte Morandi: numerose sono le esplosioni controllate affidate nel nostro Paese a Coppe. Che su quanto avvenuto a Beirut, non ha dubbi: “Il nitrato di ammonio fa del fumo giallo e lì si vede arancione e rosso, primo. Secondo: non erano 2.700 tonnellate, perchè se fossero state 2.700 tonnellate, voleva dire più di 100 container di nitrato di ammonio. E 100 container non esplodevano in simultanea così, perchè il nitrato di ammonio da solo se ne sta bravo”. 

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Se il video ti è piaciuto: http://fanpa.ge/ISCRIVITI-A-FANPAGE-I

Esplosione Beirut, l’esperto Danilo Coppe: “Non é nitrato di ammonio, era un deposito di armi”

 

BEIRUT: IPOTESI SULLA CAUSA DELLA POTENTE ESPLOSIONE

Filed under: aggressione, attacco, terrorismo, violenza — Tag:, , , , , — mirabilissimo100 @ 4:40 PM

 
 
CONTROINFORMAZIONE.INFO
 
5 AGOSTO 2020

A BEIRUT È STATA UTILIZZATA UNA CARICA NUCLEARE MINIATURIZZATA. DIFFICILE NASCONDERE LA SITUAZIONE. MIGLIAIA DI VITTIME.

di Luciano Lago

Iniziano ad emergere nuove informazioni sull’attacco effettuato ieri Martedì 04 Agosto contro Beirut. Informazioni accuratamente oscurate e camuffate dai media occidentali che seguitano a parlare di “incidente”.
Fonti militari ben documentate ed influenti di Beirut deducono, dal tipo di esplosione e dalle polveri rilasciate a seguito dell’esplosione, che si tratta di una carica corrispondente a 100 volte l’energia scagionata dall’esplosione di Tianjin del 2015, calcolata come equivalente a 5,4 chilotoni di equivalente TNT. Questo significa che a Beirut è stata utilizzata sicuramente una bomba tattica nucleare miniaturizzata per far saltare il porto, i depositi circostanti ed una area della città, seminando il terrore .

Esperti nucleari, fra cui personale dell’AIEA, hanno indicato che le particelle sprigionate dalla palla di fuoco scaturita dall’esplosione sono un chiaro indizio di una carica nucleare, se pure miniaturizzata.
Questo spiega il numero di vittime che va crescendo di ora in ora e si parla ormai di qualche migliaio di vittime, di parecchie migliaia di feriti con numero difficilmente calcolabile, data la distruzione avvenuta di tre ospedali della città martoriata. Uno scenario tipico di una esplosione nucleare, mentre le stesse autorità invitano coloro che possono ad abbandonare la città e mettersi al sicuro dalle radiazioni e dalle esalazioni tossiche che avranno conseguenze nocive nel medio e lungo periodo.


Quello che risulta chiaro è che una operazione di questo tipo non può essere realizzata da un gruppo terroristico ma piuttosto da uno stato estero o da una agenzia di intelligence che mira a destabilizzare il Libano per far crollare l’attuale regime e provocare una ribellione contro Hezbollah, il nemico n. 1 di Israele.
La fonte militare afferma che la prima esplosione sarebbe stata causata da un missile israeliano anti-nave del tipo Gabriel. La seconda esplosione può essere stata causata dal missile israeliano Delilah sparato da un F-16. Si sottolinea il maldestro tentativo delle autorità di mascherare questa azione con delle bugie non credibili, come l’esplosione di giochi pirotecnici e successivamente quella dei materiali di nitrato di ammonio, fertilizzanti in giacenza presso un magazzino portuale in attesa di esser impiegati non si sa dove. Una serie di menzogne con della disinformazione che mirava a coprire i fatti essenziali come la sfera al plasma a grande altezza, tipica di una esplosione nucleare e il colore bianco che indica temperature estremamente elevate che derivano da una carica nucleare.



Beirut esplosione carica nucleare

L’obiettivo poteva essere un deposito di missili di Hezbollah e questo sarebbe confermato dalle colonne di fumo scuro che si sono levate in alto che indicano carburante liquido per i missili che è andato in combustione. A ulteriore conferma, lo scenario causato dall’onda d’urto che ha investito tutta la città e che ha causato danni anche all’interno di edifici a distanza di Km. dall’esplosione, con uno scenario simile a quello causato dalla bomba di Hiroshoima e Nagasaki.Che il responsabile di questo disastro sia Israele è fuori di dubbio, considerando che Israele stava pianificando di attaccare Beirut 5 giorni prima, come rappresaglia per gli attacchi militari di Hezbollah sul Golan dei giorni scorsi, che non sono stati riportati ufficialmente dai media e per la decisione di neutralizzare una volta per tutte il potenziale offensivo di Hezbollah.
Beirut Fungo bianco tipico esplosione nucleare
Una volta che sarà squarciata la cortina di menzogne e affiorerà la verità, ci saranno conseguenze e non saranno da poco. Si aspetta l’arrivo di una squadra di tecnici nucleari russi che faranno i rilievi sulla zona dell’esplosione per certificare l’utilizzo del tipo di carica nucleare utilizzata.

Fonti: Al Masdar News – Veterans Today – South Front

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https://www.controinformazione.info/a-beirut-e-stata-utilizzata-una-carica-nucleare-miniaturizzata-difficile-nascondere-la-situazione-migliaia-di-vittime/

BEIRUT: UNA POTENTE ESPLOSIONE HA CAUSATO MORTE E DISTRUZIONE

Filed under: aggressione, attacco, terrorismo, violenza — Tag:, , , , , — mirabilissimo100 @ 4:27 PM

 
CONTROINFORMAZIONE.INFO
 
6 AGOSTO 2020
 

I TAMBURI DI GUERRA HANNO BATTUTO IN MEDIO ORIENTE DOPO MIGLIAIA DI VITTIME NELL’ESPLOSIONE DI BEIRUT

La sera del 4 agosto, una massiccia esplosione ha scosso il porto della capitale libanese di Beirut, causando danni devastanti e lasciando migliaia di vittime. L’esplosione ha provocato un’onda d’urto in tutta la città e ha fatto esplodere le finestre fino a 10 chilometri di distanza. Si è sentita l’esplosione tanto da lontano quanto da Cipro nel Mar Mediterraneo.
A partire dalla mattina del 5 agosto, il numero di vittime segnalate ha superato le 130, con almeno 4.000 persone segnalate come ferite. Tra i feriti c’erano almeno 48 membri del personale delle Nazioni Unite e 27 membri delle loro famiglie. 10 soccorritori coinvolti nell’operazione per contenere il danno e aiutare le persone che sono stati riportati uccisi.

I primi rapporti hanno suggerito che l’esplosione potrebbe essere stata causata da un incidente nell’area di deposito dei fuochi d’artificio. Tuttavia, in seguito, il Primo Ministro del Libano Hassan Diab ha dichiarato che 2.750 tonnellate di nitrato di ammonio, che viene generalmente utilizzato come fertilizzante agricolo, erano state immagazzinate per sei anni in un deposito portuale senza adeguate misure di sicurezza, “mettendo in pericolo la sicurezza dei cittadini”.

Questa dichiarazione è stata sostenuta dal capo della Sicurezza Generale Abbas Ibrahim, che ha affermato che un “materiale altamente esplosivo” è stato confiscato anni prima e conservato nel magazzino, a pochi minuti a piedi dai quartieri dello shopping e della vita notturna di Beirut.

Non è ancora chiaro cosa abbia causato l’esplosione stessa, gettando così le basi per varie speculazioni nei principali media e sulle piattaforme dei social media. In particolare, i rapporti suggeriscono che un certo numero di membri di Hezbollah si trovavano nell’area portuale al momento dell’esplosione. Questo ha immediatamente causato la notizia che tale presenza potrebbe essere stata collegata ad un attacco israeliano, ad esempio azioni di sabotaggio o un attacco missilistico in qualche modo inosservato, e che il luogo dell’esplosione era in realtà una parte dell’infrastruttura militare di Hezbollah.

Le forze di difesa israeliane non hanno formalmente commentato queste speculazioni. I media israeliani, che sono spesso desiderosi di promuovere presunte vittorie militari israeliane, hanno affermato che le forze israeliane non hanno attaccato Beirut. A loro volta, Hezbollah ha denunciato la notizia che l’esplosione è avvenuta in uno dei loro siti dicendo che non vi era alcun attacco israeliano il 4 agosto.

Tuttavia, sembra che la leadership nord americana abbia un punto di vista completamente diverso. Commentando la situazione dopo un incontro con funzionari militari, il presidente Donald Trump ha affermato che l’incidente è stato un attacco. “Sembrano ritenere che sia stato un attacco. Era una bomba di qualche tipo ”, ha detto Trump.

Qualunque sia la vera causa della tragedia, le esplosioni di Beirut hanno già alimentato le tensioni nella regione. E nonostante i commenti di Hezbollah e dei media israeliani sul fatto che non si sia trattato di un incidente militare, le parti in guerra si stanno attivamente accusando a vicenda. I commenti del presidente degli Stati Uniti su un presunto attacco al porto di Beirut non rendono la situazione più semplice.

Tenendo conto della recente serie di incidenti militari sulla linea di contatto israelo-libanese e nell’area occupata da Israele delle alture del Golan, qualsiasi nuova provocazione di frontiera può facilmente portare a un’escalation più ampia. Gli anni della propaganda di guerra e degli scontri militari insieme all’accresciuta tensione all’interno della società israeliana e libanese hanno già creato condizioni in cui un ulteriore, anche piccolo, incidente militare può sembrare sufficiente a provocare una guerra più ampia nella regione.

 
Soccorritori in azione fra le macerie a Beirut

Questa grande guerra in questo momento non è di alcun interesse per Tel Aviv o per Hezbollah perché avrà ovviamente un impatto devastante sia su Israele che sul Libano. In questa luce, è particolarmente interessante che l’amministrazione Trump stia facendo dichiarazioni che contribuirebbero a questo scenario.

Esiste la possibilità che in un momento di approfondimento della crisi sociale e politica negli Stati Uniti, in aggiunta a una complicata situazione economica in vista delle prossime elezioni presidenziali degli Stati Uniti, alcune teste calde a Washington potrebbero credere che una nuova guerra teoricamente “vittoriosa” nel Il Medio Oriente, potrebbe aiutarli a rimanere al potere.

Fonte: South Front

Traduzione: Luciano Lago

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https://www.controinformazione.info/i-tamburi-di-guerra-hanno-battuto-in-medio-oriente-dopo-migliaia-di-vittime-nellesplosione-di-beirut/

agosto 1, 2020

AMMIRAGLIO NICOLA DE FELICE AFFERMA CHE DALLA TUNISIA ARRIVANO TERRORISTI

 

 
VOX NEWS.INFO
30 LUGLIO 2020

Ammiraglio: “Dalla Tunisia centinaia di terroristi ISIS: governo mette a rischio sicurezza nazionale”

“Siglare accordi con Libia e Tunisia:
Siamo oramai arrivati a una situazione che non è più sostenibile. È imperativo attivarsi affinché vengano siglati con i governi di Libia e Tunisia accordi per regolare il pattugliamento congiunto nelle loro acque territoriali e le successive attività di sbarco all’interno dei loro confini. Non bisogna aver alcuna remora nell’applicare provvedimenti persuasivi anche a carattere economico qualora vengano opposte resistenze. Si tratta di un’emergenza, quella dell’immigrazione clandestina, che attiene anche a una questione di sicurezza nazionale dato che dalla Tunisia arrivano in Italia centinaia di ex ‘foreign fighters’ dell’ISIS. Per quanto concerne invece il fronte balcanico, bisogna applicare il regolamento di Dublino e rispedire immediatamente i clandestini in Slovenia e Croazia”.
È quanto dichiara l’ammiraglio Nicola De Felice poco fa, aggiungendo come, una volta rimpatriati i Migranti, “spetti all’ONU verificare chi effettivamente scappa dalla guerra (e quindi ha diritto a richiedere asilo politico) e chi invece migra per altre ragioni, riportandoli nei paesi di origine”.
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https://voxnews.info/2020/07/30/ammiraglio-dalla-tunisia-centinaia-di-terroristi-isis-governo-mette-a-rischio-sicurezza-nazionale/?fbclid=IwAR3lKIMpyZZGozSs-YjTbvvu7fYcjwf29Q6h7Z_LJZ2cB18CLSCHFw5r0R0
VEDI ANCHE
https://stopcensura.org/ammiraglio-dalla-tunisia-arrivano-centinaia-di-ex-foreign-fighters-dellisis/?fbclid=IwAR0zwqw3k0l-huLzfiUyI-w3Eym2tf75pEBurWA01u6CPOjf7fIN1vgP5nw
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Maggio 15, 2020

Famiglia Cristiana esalta Silvia-Aisha che ha abiurato la fede cattolica

 

MESSA IN LATINO.IT
 
13 MAGGIO 2020
 
Per commentare le affermazioni di Famiglia Cristiana ci affidiamo ad Anselmus nel suo ottimo articolo: “Non possiamo più chiamarla Silvia, ma dovremmo chiamarla Aisha” (link sotto) “… Il ritorno a casa di Silvia però, è segnato da alcuni dispiaceri che non possono passare inosservati. Non possiamo più chiamarla Silvia, ma dovremmo chiamarla Aisha, perché, durante il tempo del suo “sequestro” ha deciso di abiurare alla Fede cattolica e convertirsi all’islam. Questa decisione, comporta l’abbandono del suo nome di Battesimo e di tutte quelle belle realtà che hanno animato la sua vita fino ad oggi. 
Noi però, continueremo a chiamarla Silvia, perché così è registrata all’anagrafe dello Stato Italiano, quello Stato fatto di persone umili e semplici che ha pagato più di 4 milioni di
euro per il suo riscatto. 
Inoltre, per noi cristiani, il Sacramento del Battesimo come tutti gli altri Sacramenti ha il carattere indelebile. Silvia, potrà anche dire di aver abbracciato liberamente, senza forzature, la fede islamica, ma ciò non toglie che il Battesimo che ha ricevuto permane nella sua vita e da oggi in poi, quel Battesimo, sarà pietra d’inciampo per ricordarle il gravissimo peccato che ha compiuto, rinnegando la fede del suo Battesimo, la fede che i suoi genitori hanno chiesto per lei, in forza della loro fede, la fede che lei stessa ha portato avanti per buona parte della sua vita, per lo meno da quando è stata capace di intendere e volere. 
C’è un altro dispiacere che fa piangere i nostri cuori, soprattutto quando pensiamo ai martiri di questi ultimi anni, morti dilaniati dall’odio di quegli islamici che si definiscono appartenenti all’isis o ad altre compagini criminali. 
Ci dispiace apprendere che hanno suonato le campane a festa nel suo paese di origine e che magari si organizzerà una festa negli ambienti dell’oratorio che lei ha frequentato.”

AC

Silvia Romano, Famiglia Cristiana: «E’ un modello per i nostri ragazzi»

Per Famiglia Cristiana Silvia Romano, la ragazza liberata dopo tanti mesi di prigionia e convertita all’Islam prendendo il nome di Aisha – è un modello per i giovani. 
«E’ un raggio di luce che illumina questo tempo buio». 
Il settimanale dei Paolini, diffuso nelle parrocchie italiane, riflette sulla terribile vicenda umana segnata da oltre un anno e mezzo di prigionia della giovane cooperante sequestrata in Kenya mentre lavorava per una ong marchigiana, mettendo in evidenza il «grande esempio di compattezza e coraggio molto vicina a quella di tanti ragazzi e ragazze che continuano a tenere alto lo guardo e a trasforamre la loro vita in una opportunità». 
«Grazie Silvia. Oggi prendiamo le tue parole e le regaliamo ai nostri figli perche le regalino a se stessi e al loro presente così faticoso. »
Famiglia cristiana ricorda la frase pronunciata dalla ragazza appena sbarcata a Roma.  
« Sono stata forte. Silvia è una donna forte da raccontare oggi ai nostri figli». 

Fonte: Il Messaggero 
 
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Silvia libera dopo 536 giorni La svolta in un video-chiave ...
 
SILVIA ROMANO IN KENYA
IL POST.IT
11 MAGGIO 2020
Cosa dicono i giornali sulla liberazione di Silvia Romano
Riportano diversi suoi virgolettati che dicono qualcosa in più della prigionia, della liberazione e della conversione, ma ci sono ancora molte cose poco chiare

Silvia Romano, la cooperante italiana liberata due giorni fa dopo un anno e mezzo di prigionia fra Kenya e Somalia, è tornata ieri in Italia. Romano è stata portata in una caserma dei carabinieri per essere interrogata, per quattro o cinque ore, dal pubblico ministero che sta seguendo il suo caso, Sergio Colaiocco. Oggi sui giornali circolano molte notizie sul rapimento, la prigionia e la sua conversione all’Islam, con molti virgolettati di Romano: alcuni sono molto simili tra loro da giornale a giornale, ma in altri casi non coincidono. Tutto va quindi preso con molta cautela.

Rapimento e prigionia
Romano era stata rapita la sera del 20 novembre 2018 nel villaggio di Chakama, nel sud del Kenya, a circa 80 chilometri a ovest di Malindi, mentre seguiva un progetto di sostegno all’infanzia per conto di una onlus italiana, Africa Milele. Secondo le prime informazioni i suoi rapitori (almeno otto persone, scrive Repubblica) facevano parte di una banda di criminali locali; il capo, un somalo di 31 anni, avrebbe avuto legami con al Shabaab, un noto gruppo jihadista legato ad al Qaida che da molti anni controlla pezzi del territorio somalo e compie attacchi terroristici in Somalia e nei paesi limitrofi. Al Shabaab, fra l’altro, ha una lunga storia di rapimenti di cittadini stranieri in Kenya e Somalia.

I quotidiani italiani concordano sul fatto che il primo gruppo fosse quello degli esecutori e che abbia poi consegnato Romano alla banda che ne avrebbe ordinato il sequestro e  che l’avrebbe tenuta prigioniera trasferendola dal Kenya alla Somalia. Repubblica e altri giornali riportano un virgolettato di Romano che, su questo punto, al pubblico ministero avrebbe detto: «Dopo essere stata rapita sono stata accompagnata per circa un chilometro dove ad aspettarmi c’erano tre sequestratori somali con delle moto. Mi hanno preso e siamo partiti verso la Somalia».

Il viaggio, avrebbe sempre raccontato Romano, «è durato circa quattro settimane. Abbiamo attraversato foreste e zone molto impervie. Abbiamo guadato due fiumi. Avevamo le moto, abbiamo camminato e nell’ultimo tratto sono arrivate anche due automobili». Il virgolettato del Corriere dice: «All’inizio c’erano due moto, poi una si è rotta. Abbiamo fatto molti tratti a piedi, attraversato un fiume. C’erano degli uomini con me, camminavamo anche per otto, nove ore di seguito. Erano cinque o sei». Durante i primi giorni, Romano si sarebbe ammalata e sarebbe stata curata.

In Somalia sarebbe arrivata prima di Natale e lì sarebbe stata spostata in sei diversi nascondigli: «Ci spostavamo in auto o a piedi. Sentivo le voci da fuori ma non ho mai visto nessun altro se non i miei sequestratori: nessun occidentale, nessuna donna», riporta Repubblica. La Stampa scrive anche i nomi di alcune località dove Romano sarebbe stata tenuta prigioniera – Bulo Fulay, Harardhere, Janale – e aggiunge: «In particolare ci sono prove che la volontaria sia stata nascosta a lungo proprio a Janale, da ottobre 2019 allo scorso marzo. Altre tracce la collocherebbero a fine aprile, insieme ad altri ostaggi, in una zona conosciuta come la Foresta degli elefanti, controllata dai miliziani jihadisti». Sempre La Stampa riporta una frase di Romano, che avrebbe detto di non sapere dove si trovava: «Dalle finestre provenivano rumori di vita, di gente, anche qualcosa tipo traffico di automobili, per cui ho pensato che fossero delle città. Ma sinceramente non ho idea di dove fossi».

I quotidiani, nel racconto, concordano sulle modalità della prigionia in base a ciò che Romano avrebbe detto al pm. I carcerieri erano tutti uomini, avevano sempre il capo coperto («quindi non sarei in grado di riconoscerli») e soltanto uno di loro parlava inglese: era il solo, quindi, con il quale lei riusciva a comunicare, perché gli altri parlavano solo dialetti somali. Romano avrebbe detto di aver imparato anche un po’ di arabo, di essere stata nutrita regolarmente e di essere stata «trattata bene»: di non aver cioè subito violenze o minacce.

Durante i primi tempi della prigionia, Romano avrebbe detto di essere stata disperata: «Poi un giorno», riporta Repubblica, «ho chiesto un taccuino e una penna. Me l’hanno portato e da quel momento ho cominciato ad appuntare tutto quello che accadeva, a segnare il cadenzare del giorno e della notte. E in un certo modo ho cominciato anche a stare meglio». Il Corriere aggiunge che il suo diario le sarebbe stato preso prima della liberazione.

Trattativa e liberazione
La trattativa per la liberazione di Romano sarebbe iniziata nell’estate del 2019. Dopo alcuni mesi di negoziati, scrivono i giornali, l’intelligence italiana si è convinta che Romano fosse ancora viva nel gennaio del 2020. La prova definitiva sembra che sia stato un video in cui compariva la stessa Romano e che lei avrebbe confermato di aver girato.

Alla liberazione di Romano hanno lavorato soprattutto i funzionari dell’AISE, i servizi segreti italiani che lavorano all’estero, assistiti – ma non è chiaro in che misura e con che ruolo – dall’intelligence locale e da quella turca. La Turchia ha estesi e antichi rapporti con la Somalia, che riguardano sia lo sviluppo economico e infrastrutturale sia la sicurezza.

Il negoziato sarebbe entrato nel vivo a metà aprile, e anche Giuseppe Conte, parlando all’aeroporto di Ciampino dopo aver accolto Romano in Italia, ha spiegato che «da qualche mese» le trattative erano «in dirittura finale».

Sulla liberazione non ci sono ancora molti dettagli, ma il modo in cui ne scrivono i giornali fa pensare che ci sia stato uno scambio. La Stampa scrive: «Per quanto riguarda la liberazione – avvenuta nella notte tra venerdì e sabato – Silvia Romano sarebbe stata accompagnata fuori dalla foresta, a una trentina di chilometri da Mogadiscio, dove è scattato il blitz turco-somalo che ha portato alla sua liberazione. Nel corso dell’operazione sarebbero stati fatti anche degli arresti, ma i sospetti sarebbero già stati rilasciati. Ora però sul sequestro e sull’operazione per la liberazione della cooperante italiana ha aperto un fascicolo anche la procura federale somala».

I giornali danno per certo che l’Italia abbia pagato un riscatto, ma la cifra non è nota.  Ammonterebbe, scrivono oggi, a 1,5 o 2 milioni di euro, e non a 4 milioni come si diceva ieri. La Stampa precisa che è probabile «che altre quote siano state versate – nel corso della lunga detenzione della giovane – ad intermediari che hanno facilitato i contatti con i suoi sequestratori. Questo almeno è quanto trapelato dai servizi segreti somali».

Su tutto questo non c’è alcuna conferma, da parte del governo italiano, ma la notizia del pagamento di un riscatto e la gestione del caso avrebbe provocato delle tensioni tra Giuseppe Conte e il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, che sarebbe stato escluso dall’ultima fase dell’operazione. Repubblica scrive anche che il probabile pagamento di un riscatto avrebbe causato attriti anche con altri paesi come gli Stati Uniti, direttamente coinvolti nella guerra contro al Shabaab.

Romano dovrebbe essere riascoltata dal pm entro un paio di settimane con l’obiettivo di provare a recuperare altri dettagli che consentano di arrivare all’identificazione dei responsabili del sequestro.

Conversione
Subito dopo l’arrivo di Romano in Italia si sono diffuse diverse illazioni sul suo conto: che si fosse convertita all’Islam e che fosse incinta. La prima era legata al fatto che la ragazza fosse scesa dall’aereo che da Mogadiscio l’ha riportata a Ciampino con lo jilbab, un abito delle donne islamiche somale che non prevede una copertura integrale. Lei avrebbe confermato.

Dice Repubblica che durante la prigionia Romano avrebbe chiesto dei libri: «Ho chiesto dei libri e mi hanno portato il Corano. Ho cominciato a leggere per curiosità e poi è stato normale: la mia è stata una conversione spontanea». Il Corriere riporta un virgolettato differente: «Ho chiesto dei libri e poi ho chiesto di avere anche il Corano». La Stampa aggiunge dei dettagli, attribuendoli a una dichiarazione di Romano: «Me lo hanno dato su un computer, scollegato a Internet, in due versioni: italiano e arabo. Io ovviamente lo leggevo in italiano ma in questi mesi ho anche imparato qualche parola di arabo. I miei carcerieri, che erano presenti sempre almeno in tre, mi hanno spiegato le loro ragioni e la loro cultura».

In generale Romano avrebbe negato di essere stata costretta alla conversione e di esserci arrivata lentamente. Avrebbe anche raccontato alla psicologa con cui ha avuto un colloquio dopo la liberazione di aver cambiato il suo nome in “Aisha”, e avrebbe spiegato che la cerimonia di conversione «è durata pochi minuti, in cui ho espresso la mia volontà di diventare musulmana. Ho recitato le formule per manifestare la mia convinzione che non c’è Dio all’infuori di Allah. E così mi sento ancora adesso. Io ci credo veramente».

Romano ha anche detto di non essere stata costretta a sposarsi e di nn essere incinta, illazione che è circolata per il semplice fatto che nel video del suo arrivo all’aeroporto di Ciampino si teneva una mano sulla pancia: «Non sono incinta, nessuno ha mai approfittato di me. Mi hanno sempre portato rispetto», avrebbe detto. Romano avrebbe anche dichiarato di essere sempre stata convinta che il suo «fosse un sequestro a scopo di estorsione» anche se non avrebbe mai sentito parlare di riscatto o di una trattativa.

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